Della piccola Latifa Bahri, nata sei anni fa in Italia, a Bergamo, non si hanno più notizie dal 2015, ovvero da grande il padre di origini tunisine, Yassine Bahri, l’ha rapita portandola via dalla madre e imbarcandola insieme a lui su un traghetto a Genova. Era il 18 aprile di quattro anni fa quando la mamma Laura Tota, di Stezzano, si è vista portare via la sua bambina senza poter far nulla per impedirlo. La donna ha compiuto invano numerosi viaggi ma nulla sarebbe cambiato anche dopo la condanna dell’ex marito a 4 anni di reclusione, confermata anche in Appello e divenuta definitiva. Ora però, come riferisce Corriere.it, a mobilitarsi in favore della piccola Latifa ci ha pensato anche Matteo Salvini, vicepremier e ministro dell’Interno, il quale è volato in Tunisia in occasione di un vertice sull’immigrazione nel corso del quale ha incontrato il suo omologo tunisino Hicher Fourati. Con lui ha parlato anche del destino della bambina nata a Bergamo il 9 gennaio 2013 e rapita dal papà.



LATIFA, BIMBA ITALIANA RAPITA DAL PAPÀ IN TUNISIA: SALVINI SI MOBILITA

In una nota ufficiale riportata da Corriere della Sera sul caso della piccola Latifa, si legge che “Su sollecitazione del titolare del Viminale, le autorità tunisine hanno confermato l’impegno per ritrovare il padre e la bambina, anche attraverso la più intensa attività di intelligence, per riconsegnarla alla madre, che non vede la figlia dal giorno del rapimento e di cui ha ottenuto, lo scorso 16 gennaio 2019, dalla Corte di appello di Tunisi l’affidamento definitivo”. L’impegno del governo italiano, dunque, è massimo. Laura aveva sposato il tunisino nel 2010. Si stava separando da lui quando ha rapito la sua bambina portandola in Tunisia. Da quel momento il cellulare dell’uomo risulta spento e solo dopo la donna scoprì che lui aveva fatto il passaporto alla piccola. Dal 15 luglio 2015 ha ottenuto l’affido dal tribunale tunisino ma quella fu anche l’ultima volta che vide la sua Latifa. Ad aiutare Yassine Bahri in quello che secondo il pm Emanuele Marchisio fu “un disegno premeditato che s’è consolidato nella sua mente, finalizzato a sradicare la bambina dal suo contesto”, sarebbe sicuramente la sua cerchia familiare. Neppure il suo avvocato difensore è riuscito ad avere contatti con lui.

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