L’allarme parte dalle stalle e inizia a farsi sentire anche a scaffale. In sei mesi il costo di un litro di latte all’ingrosso è volato da 36 a 60 centesimi. E l’aumento pare ormai pronto a scaricarsi a valle, cioè nelle tasche dei consumatori: La Stampa spiega che nel giro di un paio di settimane il latte fresco ha registrato incrementi nell’ordine dei 30 centesimi al litro. E la tendenza potrebbe non arrestarsi dal momento che nel 2023 l’industria lattiero-casearia, anche per effetto delle sanzioni imposte dall’Unione europea alla Russia, dovrà far fronte a costi maggiorati per due miliardi di euro.
La situazione insomma è seria. E lo conferma anche Coldiretti: Con lo tsunami determinato dall’effetto congiunto dell’aumento dei costi energetici e dei mangimi – afferma l’associazione -, il settore dei bovini da latte in Italia si confronta con pesanti criticità. Coldiretti stima un aumento medio del 56% dei costi correnti di produzione che non vengono coperti dai ricavi. E così – avverte l’associazione – quasi un allevamento su dieci (8%) vive una stagione tanto difficile da portare alla cessazione dell’attività.
Un rischio dunque per l’economia, l’occupazione e l’ambiente, ma anche per l’approvvigionamento alimentare del Paese in un settore in cui l’Italia – precisa Coldiretti – è già dipendente dall’estero per il 16% del proprio fabbisogno.
“In pericolo – avverte il presidente dell’associazione, Ettore Prandini – c’è un sistema composto da 26mila stalle da latte italiane sopravvissute che garantiscono una produzione di 12 milioni di tonnellate all’anno, destinate ad alimentare una filiera lattiero-casearia nazionale, che esprime un valore di oltre 16 miliardi di euro e occupa più di 100.000 addetti, con una ricaduta positiva in termini di reddito e coesione sociale. La stabilità della rete zootecnica italiana – conclude Prandini – ha insomma un’importanza che non riguarda solo l’economia nazionale, ma ha rilevanza sociale e ambientale perché quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, prati per il foraggio, formaggi tipici e soprattutto persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate”.
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