Era la festa di san Francesco, il d-day della Chiesa di Bergoglio, impegnata nel processo sinodale, pronta a sferrare il suo attacco alla tiepidezza, se non all’indifferenza al destino del mondo. Nel giorno in cui ha inaugurato i lavori della prima fase del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità, gioco di parole che fa arrotolare la lingua, il Papa ha pubblicato una Laudato Si’ 2, la vendetta. Ovvero la parte seconda di un’enciclica che si è già affermata come testo sacro per gli ecologisti del pianeta, libretto che condensa aspirazioni, sogni, paure e desideri di chi ancora crede nella possibilità di redenzione di un mondo votato al disfacimento.
La nuova esortazione apostolica, data in pasto ai lettori di ogni latitudine proprio in apertura dell’assise sinodale, si intitola Laudate Deum, ed è l’ennesimo grido del vecchio pontefice giustamente ossessionato dalla crisi climatica, dai suoi effetti su ricchi e poveri, da una mutazione genetica del pianeta che promette disfacimenti, lacrime e sangue. Il testo, poco più di 12 cartelle per 73 preposizioni, è un atto politico. Ha il linguaggio, l’urgenza, la logica di un documento meditato e proposto per sollevare una rivoluzione. Specifica e completa l’enciclica del 2015, ma sembra raccogliere le spinte di una parte di quegli osservatori che distillano il countdown per la fine del mondo.
Il Papa non usa frasi felpate, va dritto al punto, con una durezza che rasenta l’estremismo nel portare il lettore alle sue conclusioni su surriscaldamento del pianeta e paradigma tecnocratico, decadenza etica del potere e disamina delle ultime conferenze sul clima. Una severità di giudizio e una ruvidezza che nascono da una preliminare convinzione: “il mondo che ci accoglie si sta sgretolando” e ci stiamo avvicinando al “punto di rottura”.
C’è insomma di base una preoccupazione talmente drammatica da aver fatto saltare toni curiali e magisteriali, per adottare uno stile da pamphlet, che non ammette obiezioni o contradditorio, pronto a scatenare reazioni forti. Di pancia oserei dire. È un testo che piacerà molto agli ecovandali, decisamente già innamorati del pontefice green, ma dovrebbe interrogare anche chi vive di dubbi e scetticismi nell’approccio ai temi ambientalisti. C’è l’assunzione totale di un paradigma ben preciso, quello che vede nel surriscaldamento del pianeta la causa principale del cambiamento climatico, ma c’è anche la denuncia fortissima e senza appello di un modo di condurre il mondo, di usare le sue risorse, di governare i processi di sviluppo senza tenere in debito conto il respiro e le esigenze della Madre Terra.
Un documento che farà discutere, che merita di essere letto di un fiato, forse con uno buon ansiolitico a portata di mano, perché senza dubbio ha un incalzare angosciante nel definire i problemi che, sotto gli occhi di tutti, vengono ignorati sistematicamente dal consesso delle nazioni. È lo svolgimento di un assioma. “Un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per sé stesso”. E non si può pensare solo alla Terra, ma anche a ciò che si è fatto dell’essere umano, prodotto da laboratorio, merce di scambio, scarto calcolato.
Francesco mostra di essere consapevole di essere una voce isolata, persino all’interno della stessa Chiesa. Giustifica il nuovo intervento e le parole usate con il contrasto a “certe opinioni sprezzanti e irragionevoli” che registra all’interno della comunità cattolica. Basta ridicolizzare la questione ambientale, esorta, occorre prendere in carico il futuro e tutte le ipoteche che gravano su di esso. Il suo impegno senza risparmio per la casa comune sembra andare incontro a certa narrazione ambientalista. Ma necessita di un distinguo. Nasce dalla fede cristiana, dalla convinzione di un universo intimamente legato e connesso grazie alla creazione divina, dall’attenzione e l’amore per una famiglia umana che non può essere divisa dalle diverse possibilità di partenza, dalla tenace convinzione che non ci si salva da soli, ma che una mano al buon Dio bisogna pur darla.
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