Laura Boldrini si difende dall’accusa di non aver versato la liquidazione all’ex colf. «Ha regolarmente ricevuto il trattamento di fine rapporto», dice l’ex presidente della Camera nell’intervista rilasciata a Repubblica, precisando che «restano da saldare gli scatti di anzianità maturati». Ma al Fatto Quotidiano l’ex colf dice di essere in attesa da 10 mesi e di non aver avuto alcuna notizia, «perché la commercialista di Boldrini è sparita». Anche in questo caso la Boldrini smentisce: «I calcoli per gli scatti di anzianità si sono rivelati complicatissimi. “Mi faccio aiutare dal patronato”, mi ha detto Lilia. E io mi sono rivolta alla mia commercialista». Quindi, la signora sarebbe andata subito al patronato, non perché la Boldrini tardava il pagamento. «Da settembre la commercialista ha provato a contattare la funzionaria del Caf che si occupava della pratica, ma non è mai riuscita a rintracciarla». Una spiegazione che non è però ritenuta plausibile, ma Laura Boldrini spiega: «È stato un periodo complicato per tutti. Però ammetto che sei mesi sono troppi».
Nelle ultime ore, comunque, ha avuto modo di sentire l’ex colf, con cui è stato fissato un nuovo incontro per definire la situazione. «Era dispiaciuta per l’eco mediatica», aggiunge la deputata del Partito democratico a Repubblica. Ma specifica anche che secondo la sua commercialista, all’ex colf spetterebbero meno di quei 3mila euro di cui ha parlato. In merito alle critiche ricevute dopo che è venuta a galla questa vicenda, invece, l’ex presidente della Camera dichiara: «Questi giornali mi definiscono “aguzzina”, “padrona” “maschilista”. È macchina del fango. Alla Camera anche alcune colleghe di destra mi hanno espresso solidarietà».
LAURA BOLDRINI SOTTO ACCUSA: “IO DONNA SOLA…”
C’è poi la vicenda dell’ex collaboratrice parlamentare che si è licenziata perché Laura Boldrini le avrebbe negato lo smart working. A Repubblica spiega che aveva un contratto part time e che restava tre giorni a Roma. «Rimaneva a Roma tre giorni. Ha lavorato benissimo, facendo tanti sacrifici, perché con lo stipendio da 1300-1400 euro doveva coprire anche le spese. Poi è arrivato il Covid e da febbraio a maggio ha lavorato da casa, perché eravamo in zona rossa». La collaboratrice a maggio ha chiesto a Laura Boldrini di proseguire con lo smart working per un problema con il figlio. «Le ho fatto presente che sarebbe stato complicato vista la complessità del lavoro da svolgere. Il mio ufficio ha ritmi serrati, avevo bisogno che fosse presente a Roma almeno alcuni giorni. Roberta ha capito. Abbiamo deciso di dividere le nostre strade. Ci siamo salutate con un abbraccio commosso», dice a Repubblica. Ma la versione dell’ex collaboratrice è differente, per questo la deputata Pd si dice colpita e dispiaciuta per il risentimento espresso.
Inoltre, sostiene che era nei patti che dovesse gestire anche le sue esigenze personali, quindi andava in farmacia, le ritirava le giacche dal sarto e le prenotava il parrucchiere, ad esempio. «Si occupava anche delle visite mediche. Gestiva la mia agenda e riusciva così a incastrare questi impegni con quelli pubblici». Riguardo il fatto che ad un’assistente parlamentare si affidino anche altri compiti, la Boldrini spiega: «Non accade solo a me, ma a tutte le persone che hanno agende complesse: dispongono di persone di fiducia per simili incombenze. Un uomo può chiedere aiuto alla compagna, una donna sola no». Un paragone non proprio azzeccato, fatto poi da una politica considerata “paladina dei diritti delle donne”.