“Scivolata” della viceministra Grillina Laura Castelli, che ospite a “Live – Non è la D’Urso” si è lasciata sfuggire una frase infelice sulla carenza di mascherine in commercio. Davanti al sempre nutrito pubblico televisivo di Canale 5, la Castelli, incalzata dalla conduttrice Barbara d’Urso, ha detto testualmente: “Le mascherine in Italia mancano non per carenze del Governo ma perché gli italiani le vogliono griffate e personalizzate“. Una frase che ha scatenato immediatamente una forte protesta, considerando le problematiche che spesso i cittadini si sono trovati ad affrontare nel reperire i necessari presidi sanitari a prezzi calmierati. Solo negli ultimissimi giorni c’è stato il via libera sulle mascherine al prezzo segnalato dal commissario Arcuri di 50 centesimi l’una e pare che la redazione del programma di Barbara D’Urso sia stata letteralmente sommersa dalle proteste dei telespettatori relativamente all’affermazione della viceministra.
LAURA CASTELLI RIACCENDE POLEMICA SU MASCHERINE
Laura Castelli ha riacceso una polemica che il commissario all’emergenza coronavirus, Arcuri, aveva provato a spegnere nella sua ultima conferenza stampa, sottolineando come la carenza nella vendita delle stesse sia stata superata grazie agli interventi del Governo e della protezione civile: “Questa settimana abbiamo distribuito oltre 43 milioni di mascherine, il numero più alto dall’inizio dell’emergenza. Da ieri i primi 20mila tabaccai sul territorio italiano distribuiscono le mascherine chirurgiche a 50 centesimi, così come ringrazio la federazione di farmacisti e parafarmacie. Oramai anche in questi punti vendita, le mascherine si trovano. Penso che la partita delle mascherine sia definitivamente risolta. E’ cominciata questa settimana la produzione di mascherine chirurgiche in Italia. Le prime le daremo al personale medico e ai farmacisti. Il costo di produzione è 0,12 centesimi – ha specificato Arcuri – e saranno pagate 50 centesimi. Preciso che vanno difese fino alla morte le libertà del mercato, tranne la libertà di arricchirsi calpestando il diritto alla salute.“