È arrivata oggi – dopo circa due ore e mezza di camera di consiglio – la conferma all’ergastolo per il cosiddetto ‘trio diabolico’ che ha organizzato e messo in scena l’omicidio di Laura Ziliani nel maggio del 2021: una sentenza ampiamente attesa e che non ha fatto altro che confermare quanto già definito in sede del primo grado di giudizio, identificando eguali responsabilità ed intenti nelle sorelle Paola e Silvia Zani – peraltro figlie della stessa Laura Ziliani – e nel terzo imputato Mirto Milani che avrebbero agito con un unico gruppo al fine di togliere la vita all’ex vigilessa per ragioni che non sono mai state veramente chiarite.



Tornando indietro con la mente, l’omicidio di Laura Ziliani risale – appunto – al maggio del 2021 quando la donna venne strangolata e trovata nel fiume Oglio tre mesi più tardi in avanzato stato di decomposizione: fin da subito le indagini si concentrarono sulla dimensione familiare, incentrandosi in particolare sul trio diabolico; ma solamente grazie ad una confessione fatta da Milani ad un compagno di cella si riuscì ad arrivare ad un impianto accusatorio stabile e – successivamente – alla condanna all’ergastolo per tutti e tre.



In appello confermato l’ergastolo per il ‘trio diabolico’: avrebbero ucciso Laura Ziliani per “gratificare l’ego del gruppo”

Dopo il primo grado di giudizio sulla morte di Laura Ziliani, tutti e tre gli imputati – a vario titolo – hanno fatto ricorso chiedendo (dal conto delle figlie della vittima) di valutare ed approfondire la natura del gruppetto di assassini e di chiedere (dal conto di Milani) uno sconto di pena: secondo il suo legale – infatti – quest’ultimo sarebbe stato irrilevante nell’esecuzione dell’omicidio, frenando addirittura gli intenti delle due sorelle in almeno un’occasione qualche settimana prima del feroce ed immotivato gesto.



Dopo il dibattimento, la Corte d’Appello ha – però – confermato l’ergastolo per tutti e tre gli assassini di Laura Ziliani, evidenziando in particolare che i tre avrebbero agito con il preciso intento di “gratificare l’ego del gruppo” e celebrarne “la coesione” con un gesto eclatante: si dice soddisfatto (ma non sorpreso) l’avvocato Piergiorgio Vittorini che assiste la terza figlia della vittima – affetta da una disabilità mentale e completamente estranea all’accaduto -, pur denunciando quella che definisce “un’occasione sprecata” dato che “ancora oggi non ho sentito parole di pentimenti né di scuse” da parte di nessuno dei tre indagati.