Non una questione di soldi né di odio verso la vittima, ma semplicemente la volontà, perseguita con ferrea determinazione, di “gratificare l’ego del gruppo e celebrare adeguatamente la loro coesione“: è questa la sintesi delle motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo emessa in primo grado lo scorso dicembre a carico delle sorelle Silvia e Paola Zani e di Mirto Milani per l’omicidio della madre delle due giovani, Laura Ziliani.
L’ex vigilessa di Temù, secondo la ricostruzione dei giudici della Corte d’Assise di Brescia, sarebbe stata assassinata nel contesto di una precisa scelta del “trio criminale” di confermare la solidità di una intesa diabolica attraverso un delitto pianificato e condotto la notte tra il 7 e l’8 maggio 2021 nell’abitazione della vittima. Il cadavere sarebbe stato trovato tre mesi più tardi lungo l’argine del fiume Oglio, dove era stato sepolto, e con il corpo era affiorato sulle cronache l’orrore di un omicidio che, per i giudici, sarebbe stato commesso per ribadire la forza di una sorta di “trinità” indivisibile che avrebbe visto i tre imputati agire senza alcuno scrupolo e nella piena capacità di intendere e di volere. Silvia e Paola Zani sono state condannate all’ergastolo con isolamento diurno per 6 mesi nel processo di primo grado concluso con la stessa pena per Mirto Milani, fidanzato della prima e amante della seconda. I tre avrebbero concorso all’uccisione di Laura Ziliani dopo averla stordita con un muffin imbottito di benzodiazepine. Secondo la sentenza, il trio avrebbe architettato un “piano cervellotico” traendo ispirazione da alcune serie tv per uccidere senza lasciare traccia.
Laura Ziliani uccisa non per soldi, ma per “gratificare l’ego” del trio diabolico
Silvia e Paola Zani e Mirto Milani non avrebbero agito per un movente economico, ma spinti, secondo i giudici di primo grado, dalla volontà di gratificare l’ego del “trio diabolico”. Dietro il delitto non ci sarebbero nemmeno motivi di odio nei confronti della vittima. “I tre – scrive la Corte in un passaggio delle motivazioni della sentenza riportato dall’Ansa – hanno agito di concerto tra loro concorrendo a comporre, ciascuno per la propria parte, il mosaico del progetto criminoso“.
“L’unica persona – si legge nelle 98 pagine della Corte d’Assise di Brescia – che ha mostrato un reale interesse per certi versi spasmodico per il patrimonio della defunta Laura Ziliani è stata la madre di Mirto Milani. Il ruolo debordante da convitato di pietra assunto dalla donna può avvalorare il sospetto che il figlio l’abbia messa sin da subito a conoscenza dell’omicidio, come parrebbe comprovato nei messaggi inviati dall’imputato dal carcere allo scopo di depistare le indagini, nonché delle cautele adottate dai due per impedire la captazione delle loro conversazioni“. L’uccisione di Laura Ziliani sarebbe avvenuta, secondo i giudici, comunque non per soldi ma “per gratificare l’ego del gruppo e per celebrare adeguatamente la loro coesione“. Le difese hanno tempo fino al prossimo 20 aprile per ricorrere in appello.