Laura Ziliani è stata uccisa a Temù (Brescia) l’8 maggio 2021 dalle due figlie Paola e Silvia Zani e dal genero, Mirto Milani, fidanzato di una delle due giovani. Tutti e tre hanno confessato il delitto, ognuno ritagliandosi un tentativo di alleggerire la propria posizione per evitare l’ergastolo, e a processo hanno fornito la loro versione per ricostruire le tappe di una vicenda che ha sconvolto l’Italia restituendo alla cronache un orrore senza precedenti.



Per mesi, secondo la ricostruzione dell’accusa poi confermata dalle ammissioni dei tre imputati, le sorelle Zani e Mirto Milani avrebbero cercato di portare a termine il loro piano di morte somministrando sostanze alla vittima attraverso tisane e muffin imbottiti di benzodiazepine. Dai verbali delle confessioni rese dai tre, finiti alla sbarra per omicidio premeditato e occultamento di cadavere, emerge la fotografia di una lunga fase di “preparazione”: a partire dal 2020, circa un anno prima del delitto, le figlie e il genero della vittima avrebbero cercato di ammazzarla in almeno quattro occasioni e con modalità differenti ma, a loro dire, nel tentativo che tutto fosse “indolore”. Avrebbero acquisito informazioni sul modus operandi da adottare per portare a termine il loro proposito omicidiario senza lasciare traccia, guardando serie tv come Dexter a Breaking Bad, a caccia della giusta strategia per compiere il delitto perfetto.



La ricostruzione dell’omicidio di Laura Ziliani

Paola e Silvia Zani con il fidanzato di quest’ultima, Mirto Milani, avrebbero a lungo premeditato il delitto prima di uccidere Laura Ziliani e occultarne il cadavere nel luogo in cui, tre mesi esatti dopo la scomparsa dell’ex vigilessa 55enne, sarebbe stato ritrovato. Era l’8 agosto 2021 e a portare alla scoperta del corpo sarebbe stato un bimbo che passava in quell’area prossima al fiume Oglio insieme al papà. Il corpo della donna era riaffiorato parzialmente dopo essere stato sepolto lungo l’argine.

Laura Ziliani è stata uccisa l’8 maggio precedente, stordita con benzodiazepine, soffocata e infine seppellita. A un compagno di cella, dopo l’arresto del “trio diabolico” avvenuto il 24 settembre seguente, Mirto Milani avrebbe detto di nutrire un dubbio atroce: “Forse l’abbiamo sepolta viva“. Dagli interrogatori a carico dei tre imputati è emerso che il primo e il secondo tentativo di omicidio sarebbero stati condotti con l’antigelo in una tisana, il terzo con ricina in una torta, poi, nell’aprile 2021, poco prima di concludere il piano, un ultimo tentativo con dei muffin imbottiti di medicinali. Per evitare che Laura Ziliani si insospettisse, in quella occasione il trio avrebbe usato ubna copertura con crema a base di panna e frutti di bosco.



La confessione del “trio diabolico”

Le figlie di Laura Ziliani e il genero della donna hanno confessato il delitto a pochi mesi dal loro arresto. Mirto Milani, riporta Il Corriere della Sera, avrebbe raccontato a un compagno di cella le fasi dell’omicidio: “Mi ha raccontato che quella sera lui, Paola e Silvia preparano dei muffin e riempiono quello destinato a Laura di benzodiazepine. Lei lo mangia però non crolla come previsto nei primi 10 minuti: aveva un fisico forte. Laura a un certo punto è ormai rintronata e va in cucina per prendere da bere dal frigorifero. A quel punto scatta la furia di Silvia che prende da dietro la madre. Laura cade sulla figlia, le salta sopra Paola per tenerla ferma, ma la mamma non muore. Con Mirto le mettono il sacchetto di plastica sulla testa e lo chiudono con una fettuccia e una porzione di prolunga“.

In aula a processo, Silvia Zani ha detto di non ricordare con esattezza a chi, dei tre, sia venuto in mente di uccidere la madre. La giovane ha dichiarato di aver maturato la decisione di assassinare la donna perché convinta che fosse lei a volerla avvelenare con “latte alla candeggina“. “Quando l’ho uccisa ero convinta al 300% che lei volesse avvelenarci. Ora dopo tanti mesi in carcere, non sono più così sicura“, ha aggiunto davanti ai giudici.