Il caso di Lavinia Montebove, la bambina di 18 mesi diventata disabile dopo che è scappata dalla scuola in cui non le stavano prestando la dovuta attenzione, è tornato protagonista della diretta di Storie Italiane, in onda su Rai 1 con Eleonora Daniele. Oggi, infatti, si è tenuta la 15esima udienza del processo, nel corso del quale il giudice dovrà decidere se riconoscere la “messa alla prova” chiesta da una delle due imputate. Con una risposta affermativa da parte del giudice l’imputata sarebbe affidata ai servizi socialmente utili, con il rischio di rendere impossibile definire delle colpevolezze. Così, per chiedere al giudice di continuare la ricerca della verità, il padre di Lavina Montebove, Massimo, ha organizzato un presidio in piazza.
Il genitori di Lavinia Montebove: “Ci hanno offerto 1 euro di risarcimento”
“Speriamo che il giudice non accolga la richiesta”, spiega il padre di Lavinia Montebove a Rai 1, “anche perché l’istituto nasce dal presupposto che l’imputato si assuma la sua responsabilità, dando anche un risarcimento adeguato, ma non c’è stato nulla di tutto questo. Non chiedo assoluzione o condanna”, ci tiene a specificare chiaramente, “ma solamente giustizia. È una bambina in stato vegetativo, di minimo coscienza, ha necessità neurologiche, endocrinologiche, necessità di natura ortopedica e va seguita costantemente”.
“Siamo diventati mezzi infermieri”, continua a spiega il padre di Lavinia Montebove, “io sono un poliziotto, la mia compagna un vigile del fuoco e non è semplice. Abbiamo un grande aiuto, dai nonni, e speriamo che duri tanto perché la situazione è complicata e lo è anche ottenere assistenza domiciliare”. Al presidio, ovviamente, era presente anche la madre della piccola, che oggi ormai ha poco più di 6 anni, che ci tiene a sottolineare come “ci hanno offerto 1 euro di risarcimento, un’offerta offensiva e per nulla risarcitoria. Quella telefonata”, ricorda la madre ripercorrendo il momento in cui seppe dell’incidente a Lavinia Montebove, “è il mio incubo anche a distanza di 5 anni, sentire quella voce urlante che mi diceva che una parte di vita che avevamo vissuto fino a quel momento era finita per sempre è una cosa che mi terrorizza ancora. L’unica certezza, adesso, è che siamo a rischio prescrizione e non abbiamo una sentenza di primo grado. La messa alla prova”, conclude, “sarebbe una beffa, oltre al danno che già abbiamo avuto”.