Storie Italiane è tornata ad occuparsi del caso di Lavinia Montebove, la bimba che si trova in coma irreversibile da cinque anni, disabile al 100%, dopo essere stata investita nel parcheggio dell’asilo. Il papà in studio ha spiegato a che punto è il processo e i vari ostacoli che sono stati affrontati fino ad ora, ricordiamo a 5 anni dai fatti. “Ci volevano dare un euro di risarcimento – esordisce il padre di Lavinia Montebove – poi è stato ripetuto spesso che Lavinia gattonava velocemente e si sarebbe sottratta al controllo della maestra. Adesso in queste ultime udienze c’è stata una richiesta di messa alla prova della maestra che dopo 5 anni di silenzio ha chiesto al giudice di aiutarci venendo a casa”.
Il papà di Lavinia ha aggiunto: “A parte che a noi un aiuto di questo tipo non serve, in ogni caso è stata una richiesta fatta in aula in maniera un po’ plateale. Se questa richiesta viene accettata si estingue il reato. Il giudice inizialmente si è astenuto poi ha accolto la tesi del nostro avvocato e della procura, respingendo la tesi della messa alla prova. Il 20 novembre inizierà la discussione generale, classico confronto fra difesa, accusa e parti civile”. Peccato però che i problemi non siano ancora terminati.
LAVINIA MONTEBOVE, PROCESSO IN CORSO: LE PAROLE DELL’AVVOCATO DELLA DIFESA
La famiglia di Lavinia chiede che si eviti la messa alla prova, cosa che non è ancora certa “Dovremmo averlo evitato ma c’è una richiesta di ricusazione del giudice quindi la corte di appello deve decidere da qui al 20 novembre se il giudice attuale può portare avanti il processo. Fino ad oggi – ha precisato – tutte le cose portate avanti dalla difesa sono state portate avanti non a norma di legge quindi sono cose pretestuose e questo lo vive la legge, solo che noi viviamo queste cose ogni volta”.
Storie Italiane ha sentito anche l’avvocato delle due imputate, la maestra d’asilo e la donna alla guida, dicendo: “Le mie clienti sono 5 anni che portano avanti il processo, anche noi vogliamo arrivare alla definizione del processo. Le indagini sono state lunghe, la mia cliente ha visto sottrarsi il telefono per un anno, poi non c’era nessun testimone e noi abbiamo collaborato dicendo che era la verità”. Pronta la replica di Massimo Montebove, papà di Lavinia, che ha spiegato: “Non hanno mai collaborato”.