Due anni e sei mesi alla maestra e un anno alla mamma che ha investito all’asilo di Velletri una bimba di poco più di due anni all’asilo nido, Lavinia Montebove. La piccola vittima è oggi invalida al 100 per cento e lo sarà per sempre, e Storie Italiane ha avuto in collegamento la famiglia della piccola. “Ieri per noi è stata una liberazione – le parole di Massimo, papà di Lavinia Montebove – il giudice ha accolto la richiesta del pm e poi non ha riconosciuto alcuna attenuante generica, quindi la condanna è altissima. Siamo soddisfatti poi è ovvio che nessuna condanna è commisurata a ciò che è successo a Lavinia ma questi 5 anni e mezzo hanno fotografato una situazione che a ripensarci oggi, altro che film di fantascienza. Cose che io non ho mai visto, una cosa indescrivibile, ma ieri c’è stata una liberazione. Quel giudice che leggeva quelle parole… mi sembrava quasi un angelo mentre pronunciava la sentenza. Mi devi perdonare questi toni ma è quello che ho sentito”.



E ancora: “Ho sentito finalmente la giustizia, stabilita la responsabilità di maestra e mamma che ha investito la bimba e noi solo questo abbiamo chiesto”. Il papà di Lavinia Montebove ha aggiunto: “So che sono pochi due anni ma la legge italiana non prevede pene superiori, il giudice ha fatto il massimo che poteva fare. Sono contento per quello che è il perimetro della legge”.



CASO LAVINIA MONTEBOVE, IL PAPA: “L’ASSICURAZIONE NON C’ERA…”

Il papà di Lavina Montebove ha aggiunto: “A livello assicurativo ci dovremo rivalere sulla maestra, so che passerà tempo e che da quel punto di vista non abbiamo avuto giustizia”. L’avvocato Grassani commenta: “Questo è insopportabile, una famiglia che subisce un danno del genere e non ha neanche un risarcimento…”.

La mamma di Lavina Montebove, Lara, ha invece aggiunto: “La struttura della scuola era privata e la titolare era la stessa maestra a cui avevamo affidato i nostri figli. La struttura è stata chiaramente chiusa, il problema è che dal punto di vista amministrativo non era stata presentata nemmeno una SCIA che permettesse i controlli del comune, quindi nessuno poteva dire che la struttura non fosse a norma”. Massimo ha precisato: “All’inizio era in regola poi c’è stato un cambio di regolamenti e non è stata presentata la SCIA. Comunque se ne è parlato nel processo, si è parlato di asilo fantasma”.