Il cammino della riforma tributaria prosegue lentamente. Tutto rimane congelato in attesa degli esiti della tornata elettorale che, ridefiniti gli equilibri e le posizioni favorisca l’adozione di interventi concreti.
La riforma dovrebbe, nelle intenzioni del Governo, riguardare tutte le categorie di reddito e tra queste anche quelle del lavoro autonomo. La nuova versione dell’articolo 54 del TUIR dovrebbe recitare: “Il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta in relazione all’attività artistica o professionale e l’ammontare delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’attività, salvo quanto diversamente stabilito nel presente articolo e negli altri articoli del capo V.” È la lettura delle deroghe che rende evidente che non si tratta di vera riforma, ma solo di un passo laterale. In concreto, infatti, si propone un riordino di quanto avviene sino a oggi andando a codificare comportamenti messi in campo dai lavoratori autonomi e non sempre condivisi dagli Uffici tributari.
Dovrebbe essere disciplinato il trattamento del rimborso delle spese sostenute dal professionista in esecuzione dell’incarico. La nuova disciplina definisce un perimetro che agevola il lavoratore autonomo e restringe l’autonomia degli uffici accertatori. Viene previsto, infatti, quello che la prassi professionale e la giurisprudenza hanno elaborato ovvero che non concorrono a formare il reddito professionale le somme percepite a titolo rimborso delle spese sostenute dall’esercente arte o professione per l’esecuzione di un incarico e addebitate analiticamente in capo al committente, il rindebito ad altri soggetti delle spese sostenute per l’uso comune degli immobili utilizzati per l’esercizio della professione e che le spese relative all’esecuzione di un incarico conferito e sostenute direttamente dal committente non costituiscono compensi in natura per il professionista.
Verrà codificata anche la tassazione della cessione contratti locazione finanziaria avente a oggetto beni immobili e mobili strumentali, esclusi gli oggetti d’arte, che dovrà concorrere a formare il reddito imponibile sulla base del valore normale del bene al quale dovrà sottrarsi il debito residuo per canoni e riscatto finale.
Oggetto di revisione è anche la deducibilità dei compensi e delle spese non corrisposte al professionista per i casi di insolvenza del committente. Anche in questo caso si realizza un parallelismo con il reddito di impresa.
Incompiuto invece è il trattamento della deducibilità delle spese relative ai beni mobili e immobili. La deducibilità dei beni mobili viene assimilata a quella prevista per il reddito di impresa. Analoga previsione, ovvero avvicinamento al reddito di impresa, è prevista per la deducibilità dei canoni di leasing per i quali la deduzione del costo è consentita qualora i contratti abbiano una durata in qualche modo legata ai coefficienti di ammortamento previsti per l’acquisto realizzato attraverso contratti di locazione finanziaria. Irragionevole e, dunque, incompiuto è il trattamento previsto per l’acquisto di beni immobili da parte dei professionisti. La deducibilità rimane, secondo un richiamo esplicito a quanto avviene per le imprese essendo previsto il rinvio alla riforma del 2006 (l’articolo 36, commi 7 e 7-bis, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248) se l’acquisto avviene attraverso contratti di locazione finanziaria, mentre la deducibilità continua a essere esclusa se si opta per l’acquisto diretto anche se a mezzo mutuo. Non si comprende la ratio di questa disparità posto che a fronte di questo disincentivo non vi è alcun vantaggio in altre parti della determinazione del reddito da lavoro autonomo e della sua tassazione.
La deducibilità delle altre spese, infatti, rimane invariata e avviene similmente a quanto previsto per le imprese. Un miglioramento è stato introdotto in tema di deducibilità dei costi di formazione e aggiornamento, per i quali viene previsto comunque un limite annuo di 10.000 euro e ciò nonostante vi sia l’obbligo formativo posto a carico dei professionisti.
Una menzione particolare, forse l’unica vera novità, è la codifica del trattamento delle operazioni straordinarie che possano riguardare gli studi professionali. Per le operazioni di conferimento di attivi operate da lavoratori autonomi, infatti, è prevista la neutralità fiscale ovvero attraverso l’esecuzione di conferimenti in altre strutture associative o societarie tra professionisti le stesse non si realizzano plusvalenze e/o minusvalenze. Anche in questo caso si è proceduto verso un’assimilazione rispetto ai criteri di determinazione del reddito di impresa colmando una lacuna esistente che spesso lasciava le operazioni in balia di riletture penalizzanti da parte dell’Agenzia delle Entrate che dovevano essere risolte dalla giustizia tributaria.
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