In un recente articolo ho cercato di evidenziare come la modernizzazione del sistema dei servizi in Italia possa rappresentare la chiave di volta per la ripresa dell’occupazione. Sono gli ambiti delle attività dove si concentrano i differenziali negativi nel tasso di occupazione rispetto alla media dei Paesi Ue-15, pari a circa 3,8 milioni di occupati, e del lavoro sommerso. Per un insieme di prestazioni irregolari che l’Istituto di statistica nazionale stima equivalenti a circa 3 milioni di occupati a tempo pieno. Svolte in buona parte da immigrati in possesso regolare permesso di soggiorno. La mancata modernizzazione del sistema dei servizi spiega anche la scarsa partecipazione delle donne nel mercato del lavoro, penalizzate dalla carenza dei servizi di conciliazione con i carichi familiari e dalla mancata domanda di lavoro nelle attività economiche che, negli altri Paesi sviluppati, contribuiscono alla crescita dell’occupazione femminile.



Nell’opinione comune, persino di molti esperti del mercato del lavoro, l’occupazione nei comparti dei servizi, al netto del settore pubblico, delle utilities, delle banche e assicurazioni, viene considerata un aggregato di lavori a bassa qualificazione, e di rapporti di lavoro a termine condizionati dagli effetti della variabilità della domanda e della bassa produttività, nell’ambito di organizzazioni informali e refrattarie all’utilizzo delle innovazioni tecnologiche. Un approccio del tutto inadeguato, dato che buona parte di queste innovazioni sono destinate a rivoluzionare il modo di concepire i servizi e i rapporti tra gli erogatori e i clienti/utenti.



La possibilità di sviluppare l’occupazione nei servizi dipende quindi dalla capacità di cambiare il paradigma e di sviluppare tutte le potenzialità tecnologiche ampiamente disponibili per innovare profondamente il modo di erogare i servizi e il lavoro.

Il sistema dei servizi rivolti al mercato, alle imprese e alle persone è un insieme di organizzazioni e prestazioni altamente diversificate. Quelli pubblici vengono erogati sulla base di procedure rigide, connesse all’attuazione di normative, e in assenza di un’apprezzabile mobilità dei lavoratori. Quelli privati si differenziano al loro interno per una variegata molteplicità di organizzazioni e prestazioni svolte da grandi aziende multinazionali e nazionali, piccole e micro imprese, lavoro autonomo e professionisti. L’unico vero comun denominatore è quello della natura stessa dei servizi, quella di soddisfare le persone nella veste di utenti, clienti o consumatori. Paradossalmente il fattore che viene più trascurato. Infatti, questa sembra essere l’ultima delle preoccupazioni da parte degli attori economici coinvolti.



Ciò è del tutto evidente nell’ambito pubblico, per il peso della burocrazia, nelle distorsioni del sistema fiscale verso le imprese e i cittadini onesti, nella carenza di servizi di welfare adeguati che vengono compensati nel mercato da prestazioni intrise di lavoro sommerso, in particolare nei comparti dei servizi verso le persone, nella scarsa tutela degli utenti delle utilities, nell’assenza di un’adeguata relazione tra i servizi di educazione, formazione e orientamento con i fabbisogni del mercato del lavoro, nei regimi di sostanziale monopolio che ancora caratterizzano in modo anacronistico molte professioni.

In questo modo viene smarrita la funzione primaria di concorrere allo sviluppo economico e ad accrescere la qualità della vita delle persone scaricando le contraddizioni sugli utenti dei servizi e sui consumatori. Che a loro modo tendono a reagire cercando, nel limite del possibile, di aggirare le regole a danno dell’erario. Un circuito perverso, assai diffuso nel corpo vivo degli attori della società civile, che finisce per edulcorare il corretto rapporto tra amministrazioni e cittadini e tra lo Stato e il mercato.

Il cambio di paradigma può avvenire solo ripensando le organizzazioni di erogazione dei servizi riposizionandole nell’unica direzione possibile: la centralità delle persone e del loro coinvolgimento responsabile nella gestione e valutazione dei servizi. Valorizzando le competenze, la puntualità, l’empatia, la correttezza come indicatori dell’efficienza, della qualità dei servizi e della remunerazione dei lavoratori.

Senza un cambiamento di approccio culturale viene vanificata la potenzialità innovativa delle nuove tecnologie digitali e le sue ricadute sulla collettività. Lo smart working sembra destinato a rimanere una sorta di telelavoro per gestire le consuete procedure burocratiche. Le lezioni apprese nel corso dell’emergenza coronavirus, utili per la finalità di potenziare i servizi territoriali, la telemedicina e il telesoccorso, saranno probabilmente presto dimenticate. Gli utenti saranno sempre costretti a inviare le medesime informazioni alle diverse amministrazioni, che rigorosamente eviteranno di condividerle con le altre amministrazioni. Le famiglie continueranno ad assumere irregolarmente le badanti, sempre straniere, per l’assenza di servizi decenti sul territorio. Il lavoro sommerso sarà destinato a rimanere una componente fondamentale delle attività economiche e della sostenibilità dei redditi delle famiglie. E le sottodichiarazioni fiscali la condizione per usufruire dei sussidi pubblici.

Il cambio di paradigma può avvenire con l’adozione di 5 interventi fondamentali di politica economica:

1) Dotare finalmente il Paese di un’adeguata infrastruttura digitale di banda larga, agevolandone l’accesso alla totalità della popolazione.

2) Promuovere in ambito pubblico alcuni programmi pilota finalizzati all’adeguamento delle anagrafiche fiscali integrate, dei servizi sanitari e dell’assistenza, del monitoraggio demaniale e ambientale, del sistema di istruzione e dell’orientamento al lavoro, finalizzandoli alla gestione integrata delle informazioni, alla facilitazione per l’accesso ai servizi da parte dei cittadini e a favorire la crescita di una rete di servizi territoriali di elevata qualità pubblici, privati e no profit.

3) Mobilitare su questi programmi le risorse nazionali ed europee in un’ottica di medio e lungo periodo, sia per la parte relativa al potenziamento delle infrastrutture che per gli incentivi destinati ad accrescere gli investimenti delle imprese e per sostenere l’occupazione.

4) Promuovere su vasta scala, coinvolgendo le istituzioni locali, le parti sociali e le associazioni del Terzo settore, programmi di formazione per dotare i lavoratori delle competenze digitali indispensabili per accrescerne l’occupabilità nel mercato del lavoro, e per facilitare l’accesso ai servizi da parte dei cittadini;

5) Rendere sostenibile l’acquisto dei servizi alle persone da parte delle famiglie potenziando i sostegni finanziari e le detrazioni fiscali per facilitare l’accesso a quelli destinati alla cura dei figli e delle persone non autosufficienti e alla conciliazione dei carichi familiari con quelli lavorativi.

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