Il 4 ottobre, in occasione della festa di San Francesco, è stata resa pubblica “Fratelli tutti”, la terza enciclica di papa Francesco. Il Pontefice argentino presenta questa sua nuova enciclica sociale come un suo “umile apporto” al pubblico dibattito affinché, di fronte alle difficili sfide dei nostri tempi, il mondo sia in grado, o almeno provi, a reagire alla crisi con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti solo alle parole.



Bergoglio sottolinea, in questo quadro, come la pandemia del Covid-19 abbia messo ulteriormente in luce tutte le nostre false sicurezze. Al di là delle varie risposte che hanno dato i diversi Paesi, è apparsa, nei fatti, evidente l’incapacità di agire insieme a livello globale. Malgrado si sia sempre più iper-connessi, si è indubbiamente registrata una frammentazione delle risposte che ha reso più difficile risolvere problemi che hanno toccato, più o meno direttamente e con diverse intensità, tutti. È necessario, in questo nuovo mondo, insomma, cambiare passo ed è illusorio pensare che basterà far funzionare meglio quello che facevamo primo o migliorare i sistemi e le regole già esistenti.



Un tema dove testare questa nuova fraternità “francescana” è certamente il lavoro. Per il bene dei diversi popoli diventa, quindi, ancor più centrale lavorare per assicurare a tutti la possibilità di far germogliare le capacità, i talenti e le forze dentro ognuno di noi. Questo rimane, ad esempio, il miglior aiuto per un povero e la via migliore verso un’esistenza dignitosa.

Papa Francesco insiste nell’enciclica, con una presa di posizione che, involontariamente, potrebbe essere preziosa anche nell’attuale dibattito politico italiano, sul fatto che «aiutare i poveri con il denaro dev’essere sempre un rimedio provvisorio per fare fronte a delle emergenze”. Il vero obiettivo, secondo il successore di Pietro, dovrebbe sempre essere quello di consentire alle persone una vita degna mediante il lavoro.



Per quanto, infatti, cambino i sistemi di produzione, si sostiene che la politica non possa rinunciare all’ambizioso obiettivo di vivere in una società che assicuri a ogni persona un modo di contribuire con le proprie capacità e il proprio impegno. Non esiste, insomma, peggiore povertà di quella che priva del lavoro e, potremmo dire soprattutto, della dignità del lavoro.

In una società realmente progredita, secondo la “Fratelli tutti”, il lavoro rimane una dimensione irrinunciabile della vita sociale, perché non solo è un modo di guadagnarsi il pane, ma anche un mezzo per la crescita personale, per stabilire relazioni sane, per esprimere sé stessi, per condividere doni, per sentirsi corresponsabili nel miglioramento del mondo e, in definitiva, per vivere come popolo.

Il messaggio che papa Francesco vuole mandare, insomma, al mondo con questa sua nuova “lettera” sociale sembra decisamente chiaro e sfidante per tutti, ma soprattutto per chi ricopre responsabilità a livello politico, economico e sociale.

La speranza è che, oltre agli ovvi, e scontati, attestati di stima e condivisione delle proposte, seguano i fatti e che, laicamente, ognuno nel suo ruolo dia il suo umile contributo per trasformare questi principi in azioni concrete a favore, in particolare, delle persone che stanno vivendo, anche a casa della pandemia ancora in corso, ai margini delle nostre comunità.