Due giorni fa l’Istat ha pubblicato il periodico rapporto sullo stato di salute del nostro mercato del lavoro. L’analisi dei dati, è opportuno sottolinearlo, rischia di essere in qualche modo “alterata” dai numerosi provvedimenti che hanno impattato, per molti aspetti congelandolo, sulle normali dinamiche del mercato del lavoro. In particolare, si pensi al blocco dei licenziamenti, al ricorso massiccio alla cassa integrazione e alle conseguenze dei vari Dpcm che hanno “autorizzato” alcuni settori economici a operare pienamente, mentre altri sono stati indubbiamente penalizzati (si pensi, a titolo esemplificativo, al settore della ristorazione).



Ciò premesso, a ottobre 2020 il numero di occupati è diminuito lievemente rispetto al mese precedente. Allo stesso tempo sono aumentati i disoccupati e calati gli inattivi. La marginale flessione dell’occupazione (-0,1%, pari a -13mila unità) è sintesi, da un lato, dell’aumento osservato tra le donne, i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, i giovani tra i 25 e i 34 anni e, dall’altro, della diminuzione registrata tra gli uomini, i lavoratori a termine e gli autonomi. Nel complesso, quindi, il tasso di occupazione resta stabile al 58,0%.



L’aumento del numero di persone in cerca di lavoro (+0,4%, pari a +11mila unità) coinvolge, in particolar modo, gli uomini e gli under 50, mentre tra le donne e gli over 50 si osserva una leggera diminuzione. Il tasso di disoccupazione complessivo è, così, stabile al 9,8%, mentre tra i giovani sale addirittura fino al 30,3% (+0,6 punti).

A ottobre, il calo del numero di inattivi (-0,2%, pari a -26mila unità) è frutto di una diminuzione tra le donne e gli under 50, di una sostanziale stabilità tra gli uomini e di un aumento tra i più maturi. Il tasso di inattività resta, in questo quadro, invariato al 35,5%. In una prospettiva leggermente più lunga (trimestrale) il livello di occupazione è superiore dello 0,5% rispetto a quello del trimestre precedente (maggio-luglio 2020), registrando un aumento di +115mila unità.



Nell’ultimo trimestre aumentano anche le persone in cerca di occupazione (+5,1%, pari a +120mila), mentre calano gli inattivi, ossia chi non lavora ma neanche sta cercando, tra i 15 e i 64 anni (-2,1%, pari a -289mila unità). Se poi si guarda a quanto si lavora (oltre a quanti lo fanno) nel nostro Paese si sottolinea come a ottobre 2020 le ore pro capite effettivamente lavorate sono pari a 35, livello un dato di 0,8 ore inferiore a quello registrato nello stesso mese dello scorso anno. Se l’analisi si amplia poi agli ultimi dodici mesi, aumentano sia le persone in cerca di lavoro (+1,7%, pari a +43mila unità), sia gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+1,9%, pari a +257mila).

Da questi numeri, insomma, pur con tutte le precauzioni del caso prima accennate, dovrebbe quindi partire l’analisi di contesto per scrivere bene il piano italiano per immaginare, con il contributo più ampio possibile di idee, il futuro delle prossime generazioni. I titoli sembrano esserci: politiche attive, nuove misure contro la povertà e aggiornamento delle competenze. È arrivato però il tempo, e potrebbe essere forse già troppo tardi, di riempire questi contenitori, di per sé condivisibili a prescindere, di buone idee e progetti concreti partendo magari da buone pratiche realizzatesi in Italia ma anche, con i necessari correttivi, in altri Paesi a partire da quelli europei.