Il Cedefop, il Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale, ha pubblicato, nei giorni scorsi, un interessante report sulle tendenze, le transizioni e le trasformazioni in corso nel nostro mercato del lavoro continentale.

Le misure di distanziamento sociale e i lockdown, più o meno, generali indotti dalla pandemia hanno, infatti, causato (e stanno causando) una recessione economica più grave di quella seguita alla grande crisi finanziaria mondiale del 2008. È tristemente evidente come, in poco più di un anno, l’onnipresente (e giustificata) minaccia per la salute abbia sconvolto quasi tutti i settori della società e dell’economia, compresi, inevitabilmente, la formazione e il mondo del lavoro



La pandemia di Covid sta, di fatto, cambiando e rimodellando i lavori, e le competenze per svolgerli, mettendo in difficoltà anche la nostra capacità di comprenderli e analizzarli.

In questo quadro, a differenza da crisi precedenti, la politica si è molto divisa. In alcuni casi i Governi hanno scommesso nei fondamentali economici dei loro Paesi vivendo la pandemia solamente come un grave, e temporaneo, turbamento. Molti altri hanno visto, altresì, negli inevitabili, e strutturali, cambiamenti delle modalità di apprendimento e lavorare portati dalla crisi, un’opportunità di innovazione, un motore per la futura creazione di nuovi (e diversi) posti di lavoro e per accelerare le transizioni (digitale e verde) come auspicato dal Piano di rilancio europeo e i copiosi messi a disposizione per realizzarlo.



In un contesto di rapidi cambiamenti anche nel mercato del lavoro non deve, quindi, sorprendere il fatto che la capacità di mappare e anticipare le tendenze del mercato del lavoro, e delle nuove competenze necessarie, sia stata inserita al centro dell’Agenda europea e delle politiche dell’Unione europea per il dopo crisi. Tuttavia, a livello europeo, anche per storiche differenze nella struttura economica, le risposte alla pandemia hanno già portato a diverse tendenze nei mercati del lavoro.

Si pensi, in particolare, a tutto quanto è legato al tema delle competenze digitali di base, una materia molto delicata nel nostro Paese, rispetto alle quali il Covid-19 ha mostrato l’entità del divario con altre realtà. Analizzare, insomma, le nostre criticità e debolezze, con onestà intellettuale, rispetto alle sfide del futuro, confrontandosi anche con quanto già fatto dai nostri partner europei, dovrebbe/potrebbe essere un buon primo passo per una seria riflessione che coinvolga tutti gli attori politici, economici e sociali chiamati a portare il nostro Paese nel domani.



Come ha sottolineato, insomma, lo stesso Premier Draghi nel suo discorso di insediamento, uscire dalla pandemia non sarà come riaccendere la luce e il rischio è che se non operiamo bene in questi mesi il buio in cui ci troveremo a vivere sarà ancora più buio di quello in cui, per molti aspetti, già ci barcamenavamo prima della terribile pandemia che stiamo (ancora) vivendo.

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