L’apertura del Festival del lavoro, appuntamento organizzato dai consulenti del lavoro da 14 anni, ha coinciso quest’anno con due fatti importanti. Il primo è che l’attuale ministro del Lavoro, Marina Calderone, è stata fino alla nomina a Ministro Presidente del Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro. L’apertura ha inoltre coinciso con il voto di approvazione della Camera del primo provvedimento importante sul lavoro proposto dal Governo Meloni.
I temi del Decreto lavoro appena approvato sono così diventati centrali nel dibattito del Festival e dell’intervento del Ministro e del messaggio inviato dalla presidente del Consiglio.
Dare valore al lavoro è il filo rosso che ha accomunato i due interventi che hanno sottolineato come il lavoro sia ritenuto tema centrale dei prossimi anni per questo Governo e che il provvedimento approvato è solo l’avvio degli interventi riformatori che si intendono portare avanti.
L’intervento del Ministro ha ripreso un tema caro alla platea dei consulenti del lavoro come la necessità di procedere a semplificare le norme che regolano il lavoro nel nostro Paese, talvolta con effetti che scivolano nel ridicolo. Fra norme burocratiche di tutela della privacy e diritto all’informazione si era arrivati a prevedere la distribuzione ai nuovi assunti di pacchi di carta che invece di dare le informazioni essenziali su azienda e contratto, fattibile con una mail o un whatsapp, diventavano utili solo per la raccolta differenziata.
L’intervento ha ripercorso i temi centrali del decreto appena approvato. Alcuni interventi sono per favorire l’occupazione e la tenuta salariale di fronte ai colpi portati dall’inflazione. Tagli per il cuneo fiscale, contributi per i lavoratori del settore turistico e sgravi alle imprese per l’assunzione di Neet cercano di rispondere a sollecitazioni che venivano avanzate da tempo. Anche la detassazione dei fringe benefit fino tremila euro per i lavoratori con figli si colloca in linea con altre misure entrate in vigore a sostegno delle famiglie e della natalità.
Altre norme intervengono sul prolungare il lavoro agile, sulle misure di sicurezza per le esperienze di scuola-lavoro e per la sicurezza di insegnanti e studenti.
Più attenzione hanno attirato le misure relative alla revisione del Reddito di cittadinanza e le misure sui contratti a termine. Per questi ultimi si fatto un intervento a metà. In parte si sono tolte le motivazioni per rispondere ai mutamenti in corso sul mercato del lavoro, in altri casi si è reintrodotta la necessità di dare motivazioni. Nell’insieme si rischia di avere poco effetto sulla buona flessibilità e molti ricorsi di nuovo di fronte ai giudici del lavoro.
Le nuove misure sulla povertà hanno teso a dividere coloro che sono occupabili da chi si trova in condizione di povertà per somma di fragilità sociali. Per i due gruppi, al di là del trattamento economico previsto, si sono indicati programmi di formazione per portare a ritrovare un’occupazione lavorativa il maggior numero di persone.
Le misure previste portano ad allungare gli obiettivi che dovrebbero essere affrontati dal nostro sistema di servizi per le politiche attive del lavoro. Questo tema è sempre centrale negli interventi fatti dal Ministro, ma resta però ancora oscuro i disegno complessivo che si intende realizzare.
Lasciamo pure da parte la cancellazione dell’Agenzia nazionale che doveva essere di coordinamento fra Stato e Regioni, ma il tema istituzionale resta se vogliamo portare a una regia coordinata gli interventi che abbiamo programmato.
Per le politiche del lavoro e della formazione il Pnrr prevede molte risorse. Il programma Gol per l’occupazione e quello per l’adeguamento delle competenze sono avviati e dovrebbero dare i risultati nei prossimi 5 anni. Ma come già questi due programmi marciano in parallelo mentre dovrebbero sfruttare al massimo le sinergie possibili, mettiamo sulle spalle degli stessi Cpi anche politiche mirate agli occupabili ex Reddito di cittadinanza e nuovi programmi per singoli target di lavoratori di settori in crisi. Se ne parla ancora poco, ma su questa debole struttura di governance dovrebbe arrivare anche il potenziamento delle politiche della formazione duale.
Che queste cose vadano tenute assieme per assicurare politiche contro il mismatching delle competenze e per assicurare servizi di accompagnamento al lavoro è sacrosanto. Prendendo ad esempio la sanità, diritto alla salute e al lavoro sono fondamenti costituzionali del nostro welfare, è come se non avessimo ancora deciso che i servizi al lavoro e le politiche attive sono un sistema universale rivolto a tutti i cittadini e pertanto aggiungiamo pezzi di volta in volta senza costruire il sistema generale di governo dei servizi occorrenti.
Il rischio di continuare con piccoli ritocchi porta a confermare due grandi paradossi del nostro arretrato sistema del mercato del lavoro. Abbiamo il codice del lavoro più complesso e articolato del mondo, ma un tasso di occupazione ufficiale fra i più bassi. Ed è più basso per coloro che avrebbero più bisogno di lavorare. Abbiamo una rete di enti di formazione e società di formatori che fa invidia a tutti. Ma pochi supererebbero, se fossero finalmente misurati, l’obiettivo di dare lavoro ad almeno il 25% dei loro studenti.
Se vogliamo arrivare a realizzare con i fondi del Pnrr un sistema nazionale di servizi al lavoro e di politiche attive funzionanti per tutti occorre oggi uno scatto che ci faccia superare i vizi storici e abbia come bussola l’aumento del tasso di occupazione.
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