Nei giorni scorsi il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Calderone, ha presentato in commissione al Senato le linee programmatiche su cui intende indirizzare l’attività del ministero.

Sulla base della constatazione delle nuove difficoltà che hanno colpito il sistema economico dopo la fase pandemica, l’impatto dell’aggressione russa all’Ucraina e il tasso di inflazione crescente, viene indicata una politica del lavoro che sappia essere inclusiva e sostenibile per avviare una nuova fase di sviluppo che, supportato dalla crescita della produttività, apra un nuovo circolo virtuoso per l’occupazione. La scommessa di riuscire ad avviare politiche attive del lavoro diventa la sfida cruciale per sostenere l’occupazione delle frange più fragili dei lavoratori.



A supporto di questi fondamentali obiettivi vengono a più riprese richiamati due passaggi di metodo che dovranno trovare verifica nei prossimi mesi. Da un lato, si apre al dialogo sociale con le organizzazioni sindacali dando una disponibilità a seguire il metodo del confronto sui molti temi aperti. Sia per interventi mirati come le misure per la sicurezza sul lavoro, sia per tavoli più impegnativi come quelli che devono essere avviati per predisporre una riforma organica degli interventi sul sistema pensionistico. Oltre al dialogo con le forze sociali viene individuata la necessità di muoversi verso lo sviluppo delle sinergie fra pubblico e privato. Si punta a costruire circoli virtuosi di reti collaborative sia per le politiche per lo sviluppo, sia per il potenziamento dei servizi al lavoro e per le politiche attive.



Data l’origine professionale del Ministro e la volontà di sostenere una migliore collaborazione fra pubblico e privato non stupisce che il primo punto della relazione riguardi interventi di semplificazione. L’interpretazione burocratica che carica sulle imprese molti obblighi documentali, a partire dalle disposizioni legate all’avvio di nuovi rapporti di lavoro, dovranno essere semplificate attraverso il potenziamento della digitalizzazione e l’incrocio di banche dati sulla base del principio che non devono essere richieste informazioni che sono già a disposizione della Pa.



La parte principale delle linee illustrate dalla relazione ministeriale riguarda il nodo delle politiche attive in una loro larga accezione. Il punto di avvio riguarda la predisposizione di un’offerta formativa che affronti e supporti le transizioni lavorative delle persone attraverso l’adeguamento delle competenze. Il tema delle competenze individuali e della loro certificazione deve essere sostenuto con investimenti tecnologici fino a favorire il decollo del fascicolo lavorativo di ogni cittadino.

Il percorso delle offerte formative deve riguardare tutte le fasi della vita lavorativa a partire dal potenziamento della formazione professionale iniziale. Il modello duale e il rafforzamento del contratto di apprendistato sono visti come essenziali sia perché diventi il percorso privilegiato per l’inserimento al lavoro dei giovani, sia per lo sviluppo di sedi formative dedicate alle competenze tecniche (Its) e perché i centri formativi che hanno sviluppato una notevole capacità di inserimento lavorativo post-formazione possono diventare snodi territoriali di reti formative di successo assieme ai servizi al lavoro pubblici e privati presenti sul territorio e capaci di aggregare anche le filiere produttive presenti nell’area.

A sostegno e difesa del “nuovo apprendistato” dovranno essere riviste le misure di agevolazione per l’inserimento al lavoro dei giovani al fine di non avere effetti spiazzamento con misure fiscali o contrattuali più vantaggiose per le imprese, ma che non produrrebbero nessuna stabilità lavorativa, né una risposta all’attuale mismatching formativo.

Su questo impianto di operatori della formazione finalizzata all’inserimento lavorativo vanno a valutate le esperienze in corso del programma GOL, da cui dovrà uscire il modello di politiche attive del Paese. L’obiettivo di presa in carico di tre milioni di persone in cerca di lavoro, la profilazione delle competenze e dei bisogni, i patti di servizio con i percorsi formativi e il successo negli inserimenti lavorativi dovranno essere attentamente monitorati per definire i percorsi migliori su cui definire il modello di servizi al lavoro dei prossimi anni. Saranno certamente la base per definire i livelli essenziali delle prestazioni che dovranno essere assicurati in tutte le regioni e la migliore governance per presiedere al costante miglioramento dei servizi in un’ottica di universalità delle prestazioni.

Un punto importante riguarda la revisione annunciata del Reddito di cittadinanza. Non ci sono misure definite. Si indica nella separazione fra misure di lotta alla povertà destinate a figure con altre fragilità che vanno prese in carico dalla rete di sostegno sociale territoriale dalle numerose persone che hanno invece il Reddito di cittadinanza ma che devono trovare nei servizi al lavoro il percorso per un reinserimento lavorativo.

Vi sono poi accenni ad altri interventi che dovranno vedere l’impegno del ministero dalla lotta contro il caporalato e il lavoro sommerso, al potenziamento dei servizi per la sicurezza del lavoro, all’orientamento degli ammortizzatori sociali verso strumenti di politiche attive contenendo le misure passive, con interventi per una maggiore tutela del lavoro autonomo e l’impegno a concludere la promulgazione degli atti attesi per il completamento dell’attuazione di quanto previsto dalla riforma del Terzo settore.

In conclusione possiamo dire che la proposta di lavoro illustrata lascia da parte molti temi che comunque incideranno sulla possibilità di imprimere una svolta al nostro mercato del lavoro. Abbiamo un mercato dove pochi lavorano e dove la mobilità è spesso solo orizzontale e senza crescita delle opportunità. Servono servizi al lavoro finalmente efficienti e con la collaborazione pubblico-privato. Servirà sviluppare assieme alle forze sociali nuove regole che definiscano la base contrattuale da applicare a tutti i lavoratori e creare rapporti utili per avere maggiore produttività e crescita salariale. È un nodo non toccato, ma che riguarda misure importanti da prendere nel ministero del Lavoro.

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