Sono 20 anni che il Prof. Marco Biagi non è più con noi. Ma ancora oggi, e ancora di più, i suoi lavori e le sue discipline di eccellente pragmatico studioso sono di un’attualità straordinaria incardinate nella realtà che viviamo nel mondo del lavoro al quale lui dedicò la sua opera e il suo sacrificio, che ancora oggi ci brucia sulla pelle, consumato dai brigatisti assassini perché lasciato solo dalle istituzioni per cui lavorava.



La ridefinizione di profili professionali interdisciplinari per far fronte alla richiesta di innovazione di un’economia massacrata dalla pandemia e dai ritardi di alcune riforme fondamentali di un mercato del lavoro ingessato, ci ricordano quello che lui ha proposto e scritto per “ciò che riguarda il profilo giuridico del mondo del lavoro e la conoscenza del dato legale che deve venire calata nella realtà economica e sociale in cui la regola è chiamata ad operare” (Diritto delle relazioni industriali, XII (2002), p. 3). 



Per Marco Biagi “è buona regola, prima di formulare le proposte concrete e dettagliate di tipo legislativo, presentare in forma di studio, con opzioni aperte, un programma che possa raccogliere suggerimenti, contributi e consigli da parte dei vari interlocutori” (Biagi, Libro bianco sul mercato del lavoro, presentazione alla consulta dell’Ufficio delle politiche sociali e del lavoro, Roma 25 gennaio 2002). Oggi siamo di fronte a un’ennesima sfida di modernizzazione del mercato del lavoro che ha sempre guidato l’impegno del nostro Professore strappato alla vita da menti e proiettili di terroristi, belve furiose. La sfida del Governo di oggi è ancora quella di 20 anni fa: l’importanza della competenza, della mediazione e del pluralismo nel campo del diritto del lavoro, che nell’opera di Biagi non riguarda solo i contenuti, ma il metodo, l’approccio culturale, il superamento della concezione tolemaica della giurisprudenza del lavoro per metterlo in relazione con le trasformazioni dell’economia, dei mercati e dell’organizzazione del lavoro.



Marco Biagi rifiutava l’idea e la concezione di un diritto immutabile, ormai ibernato nell’ideologia, proteso a escludere e a ignorare quanto non fosse riconducibile ai soliti canoni. La vera differenza, infatti, sta nel fare o nel non fare, nell’innovare con responsabilità e coraggio o nel conservare con egoismo e ostinazione. Vent’anni dopo la sua opera rappresenta la verità e la sua legge è ancora il Faro delle possibili riforme (ancorché disattese) necessarie al mercato del lavoro, alle politiche attive, al nostro Paese. 

Lo spunto costruttivo di Marco rappresenta sicuramente il punto alto della sua instancabile ricerca di ciò in cui credeva fermamente: l’esistenza, come scrive nel 2001, di “un percorso innovatore che andasse ben al di là delle appartenenze politiche”. Hanno ucciso l’uomo, ma le sue idee vivono ancora forti insieme a noi.

Venerdì 18 marzo, alle 17:30, l’autrice modererà l’incontro “Il riformismo per la dignità del lavoro” (Sala degli anziani di Palazzo d’Accursio a Bologna) dedicato a Marco Biagi. Intervengono Matteo Lepore, Giuliano Cazzola, Bruno Tabacci, Marco Bentivogli e Romano Prodi. Previsto il saluto di S.E. Card. Matteo Zuppi.

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