Si è chiuso il “conclave” del Partito democratico che doveva servire a rilanciare progetti, e programmi, della componente a sinistra del governo Conte in attesa di scoprire, il prossimo 26 gennaio, se tiene il modello emiliano e la via bolognese al socialismo. Un tema centrale per il “fu” partito dei lavoratori è, e dovrà essere, il lavoro e il rilancio dell’occupazione, possibilmente di qualità, nel Paese.



In questo quadro è interessante cercare di capire da che punto partiamo e analizzare cosa, ad esempio, è stato previsto, seppur il lavoro, come noto, non si crea per decreto, nella legge “finanziaria” appena approvata con riferimento al sistema degli incentivi.  

Le disposizioni previste dalla Legge di bilancio 2020 non hanno aggiunto, è opportuno evidenziarlo subito, nulla di nuovo nel panorama degli incentivi contributivi all’assunzione, limitandosi a rielaborare agevolazioni regolate da normative già vigenti, attraverso una sorta di restyling, ovvero di rivitalizzazione laddove l’agevolazione mancava di concreta operatività. È, in particolare, il caso dei bonus per l’occupazione stabile di under 35 e del bonus per le imprese che ampliano l’organico con giovani laureati o dei dottori di ricerca. L’unica significativa eccezione alla continuità è rappresentata dai nuovi sgravi contributivi per l’assunzione di apprendisti.



Si riconosce, con la finanziaria, uno sgravio contributivo integrale, per i contratti stipulati nel 2020, ai datori di lavoro che occupano alle proprie dipendenze un numero di addetti con contratto di apprendistato di primo livello, quello “duale” o “alla tedesca”, pari o inferiore a 9. Lo sgravio, per i contratti stipulati nel 2020, si applica per i periodi contributivi maturati nei primi tre anni di contratto, restando fermo il livello del 10% di aliquota per i periodi contributivi maturati negli anni di contratto successivi al terzo.

La scelta, è corretto dirlo, per certi aspetti sorprende. Il cosiddetto apprendistato di primo livello, infatti, non è solamente un contratto di lavoro, ma anche, se non soprattutto, uno strumento, almeno per il nostro sistema, innovativo per immaginare il rapporto tra scuole e imprese e di gestione della transizione dalle aule scolastiche al mondo del lavoro.



Una visione, peraltro, almeno fino a pochi anni fa, sulla quale ci si divideva ritenendo che per i giovani fosse fondamentale un percorso “forte” di istruzione “tradizionale” e che un approccio come quello dell’apprendistato duale fosse un po’ “classista”.

Le scelte concrete dell’esecutivo sembrano dimostrare che queste remore sono venute meno e che la sfida di un modo diverso di fare, ed essere, scuola è ormai patrimonio condiviso. È da sperare per il bene del Paese, soprattutto delle sue giovani generazioni, che questa condivisione e continuità, in un periodo di campagna elettorale permanente, non sia un fatto isolato, ma una buona abitudine su cui costruire il futuro.