Un anno fa, proprio in questi giorni, nasceva, dopo elezioni che non offrivano un risultato chiaro, il cosiddetto “Governo del cambiamento” appoggiato dal Movimento 5 stelle, prima forza politica del Paese, e dalla Lega (nord di Salvini) che aveva vinto le “primarie” del centrodestra sconfiggendo il vecchio, e storico leader, Silvio Berlusconi. La guida di questo esecutivo perlomeno “anomalo” fu affidata al prof. Giuseppe Conte, fino a quel momento un oscuro docente di diritto dell’Università italiana indicato però come ministro della Gunzione pubblica in caso di una possibile vittoria dei grillini. Accanto al Premier furono posti due vice presidenti politici “tutor” dell’inesperto presidente del Consiglio.



Il primo, il leghista, si è preso in carico i temi forti della sicurezza e dell’immigrazione clandestina (e non), l’altro, il pentastellato, il tema del lavoro, delle politiche sociali e dello sviluppo economico con la creazione di un “mega” dicastero. Il tutto tenuto insieme dalla “condivisione” di un contratto di Governo per molti aspetti ambizioso e che cercava, per quanto possibile, di rendere “compatibili” impostazioni programmatiche iniziali, e di fondo, anche molto diverse.



In materia di lavoro, ad esempio, si riteneva, in quel documento, necessaria l’introduzione di una legge sul salario minimo orario che, per tutte le categorie di lavoratori e settori produttivi in cui la retribuzione minima non fosse già fissata dalla contrattazione collettiva, stabilisse che ogni ora del lavoratore non possa essere retribuita al di sotto di una certa cifra. Si immaginava poi l’introduzione del reddito di cittadinanza come misura attiva rivolta ai cittadini italiani in stato di necessità al fine di reinserirli nella vita sociale e lavorativa del Paese garantendo la dignità̀ dell’individuo.



Questo esperimento di Governo, anche alla luce dei risultati delle recenti elezioni europee, sembra essere quasi al capolinea per l’evidente ribaltarsi del rapporto di forza tra i due azionisti di maggioranza dell’esecutivo. Particolarmente importante sarà, in questa prospettiva, capire quale sarà il destino dell’attuale ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, vice-premier del governo e capo politico, si sarebbe detto una volta segretario, del Movimento 5 stelle “Giggino” Di Maio.

Quattro lavori in parallelo sono stati, probabilmente, troppi per il leader grillino, che ha comunque portato a casa la storica approvazione del reddito di cittadinanza nel nostro Paese. I militanti del movimento sono così chiamati a dire la loro e decidere se salvare, o no, il loro giovane condottiero. Da questo si determineranno, infatti, probabilmente i destini del Governo e i contenuti di una, oggi improbabile, fase 2.