Il rapido peggioramento delle previsioni economiche sta provocando tensioni fra le forze politiche. L’unità raggiunta sul progetto di Pnrr si sta rivelando debole davanti alle scelte che devono essere fatte per sostenere la realizzazione di quanto è stato programmato. Molte riforme definite fondamentali per creare un ambiente favorevole alla crescita delle opportunità e degli investimenti previsti dal piano sono oggi ostacolate da un ritorno di posizioni identitarie di alcuni partiti. È come se stesse prevalendo la spinta elettoralistica delle posizioni isolazionistiche e populiste contro l’assunzione di responsabilità che aveva portato alla scelta di favorire gli interessi nazionali.



La situazione di difficoltà economica che colpisce imprese e famiglie causata dall’impennata dei costi energetici e delle materie prime diventerà ancora più pesante se non si riuscirà a imporre alla Russia di sedersi a un tavolo per una realistica trattativa di pace. La vicinanza di questa guerra non è solo un fatto geografico. È immediato l’impatto che ha sulla nostra economia ed è immediata la necessità di un passo avanti delle risposte che l’Europa, in modo unitario, riuscirà a dare.



Con una situazione economica in peggioramento è indispensabile ricorrere a interventi di sostegno economico. Le misure possono però essere nella logica dei ristori, riprendendo la logica del Governo dei populisti, con distribuzione di soldi inseguendo i bisogni che si formano nelle diverse fasce di reddito delle famiglie, oppure misure che, mitigando l’impatto economico provocato dalle strozzature internazionali, mettano in moto meccanismi di proattivazione economica che affrontino i problemi interni che amplificano gli effetti della crisi. Anche a pari impatto sui saldi della spesa pubblica e dell’indebitamento complessivo avremo però effetti diversi sui risultati ottenuti. Nel primo caso continueremmo a foraggiare quella parte del Paese che sfugge dal partecipare alla vita economica e sociale e punta a campare con le ricadute della spesa sociale. Per tutti costoro e per i loro rappresentanti politici le crisi esogene diventano alibi per non affrontare i problemi di produttività del sistema Italia. Con la stringente logica economica che risale al famoso economista Pancho Villa rispondono a ogni problema sociale stampando moneta e portando così alla miseria l’intero sistema.



È possibile seguire una strada diversa passando per contributi di sostegno ai redditi di imprese e famiglie e chiedere in cambio che vi sia l’impegno a investire le proprie capacità per sciogliere i nodi che determinano molte delle rendite e dei ritardi del nostro sistema economico. La premessa è una disponibilità all’assunzione di responsabilità nei confronti delle sfide che dobbiamo vivere con ben presente il principio di sostenibilità. Ossia che non possiamo scegliere come soluzione quella che peggiorerà le condizioni di vita delle generazioni future. Questo deve valere per le scelte dei singoli così come per le scelte delle imprese.

Per creare un clima di confronto e di consenso su linee di responsabilità si deve agire contro la crescita delle ineguaglianze, nuove e anche ereditate dal passato. È questo l’alibi spesso usato da chi non intende accettare di affrontare i problemi con uno spirito che metta al centro gli interessi collettivi. La crescita dei molti egoismi, corporativismi o le sempre più diffuse sindromi di rifiuto di impianti di interesse collettivo sui territori (dai rigassificatori alle pale eoliche) trovano una giustificazione nel rancore accumulato intorno alle differenze di disponibilità vantate rispetto ad altre realtà. Mettere a tema il superamento di molte diseguaglianze che oggi caratterizzano la distanza fra contado e aree metropolitane, mettere al centro dei piani di investimento le reti di trasporto e di comunicazione per superare i gap territoriali sono impegno da non abbandonare anche in questa fase economicamente difficile.

Nel settore del lavoro e della lotta alla povertà l’esperienza fallimentare dei soliti ristori è già stata oggetto di valutazioni. L’esperienza del Reddito di cittadinanza abbinato alle politiche lavorative si è dimostrata fallimentare. Resta valido solo l’incipit che è necessaria una misura che sostenga gli interventi contro le povertà, ma dovrà basarsi su meccanismi diversi.

Se si vuole però creare da subito una nuova attenzione a misure che siano anche un messaggio chiaro per il superamento dei trattamenti diversi ormai intollerabili sono due gli interventi da programmare con urgenza.

In primo luogo, un intervento sul salario minimo. I demagoghi giallo-verdi, ma anche neri e rossi, propendono per una legge che fissi una cifra. Non hanno mai visto una busta paga e men che nemmeno un contratto di lavoro. Detto ciò però una decisione nel merito è urgente. Dare validità ai contratti collettivi delle principali forze della rappresentanza dei lavoratori e delle imprese è la via maestra. Disponibilità del Parlamento pare esserci, altrettanta disponibilità deve però essere dimostrata dalle rappresentanze perché devono disboscare i loro mondi dalle false rappresentanze e andare verso un sistema nazionale di pochi contratti generali per settori e poi favorire la contrattazione aziendale e territoriale.

La seconda stortura che sopravvive e appare sempre meno comprensibile è che non c’è un ammortizzatore sociale unico e per tutti. Sopravvive il sistema della cassa integrazione che favorisce strumenti passivi a politiche attive e, nello stesso tempo, si introdotta la Naspi, ma solo per qualcuno, poi c’è un’indennità diversa per altre categorie di lavoratori autonomi o dipendenti che siano.

Stiamo parlando di due misure che darebbero un chiaro segnale che si intende combattere tutte le forme di povertà, anche i nuovi lavori poveri, con criteri di eguaglianza universale e mettendo al centro la difesa delle capacità di lavoro di tutti. Certo richiede a tutte le associazioni di rappresentanza degli interessi, sindacali e politiche, di mettere da parte posizioni di rendita e corporativismi dando un forte segnale che di fronte a grandi e nuove difficoltà c’è ancora la voglia e la forza di scegliere il bene comune.

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