È stato presentato pochi giorni fa il Rapporto Inapp 2022 su “Lavoro e formazione: l’Italia di fronte alle sfide del futuro”, che cerca di fornire una fotografia ampia dell’evoluzione registrata dal nostro mercato del lavoro evidenziando l’emergere di nuove problematiche oltre a misurare eventuali miglioramenti avvenuti rispetto ai nodi storici che lo caratterizzano. Assieme alle analisi statistiche generali, il rapporto presenta poi focus di approfondimento su temi ritenuti di particolare rilevanza per il periodo. Questa edizione mette al centro degli approfondimenti il tema della formazione delle competenze degli adulti, luci e ombre del Reddito di cittadinanza e le politiche rivolte ai non autosufficienti. Torneremo con commenti ad hoc su alcuni di questi temi.



Nel complesso per il periodo preso in considerazione il rapporto segnala come interventi di carattere assistenziale ed emergenziale abbiano caratterizzato le risposte alla crisi sociale indotta dalla pandemia. Non vi è stata la lucidità di abbinare a questi interventi riforme strutturali che sopperissero alle criticità strutturali del nostro mercato. Intervenire per sanare le ferite più gravi indotte dalla pandemia ha distolto l’attenzione dalla necessità di interventi strutturali che creassero una situazione diversa per i lavoratori più deboli già presenti sul mercato.



Il cambiamento con cui cerca di misurarsi il Pnrr – digitalizzazione, crisi della sostenibilità e crescita dell’economia circolare – ha creato fenomeni di accentuate divisioni fra settori produttivi nel corso della crisi sanitaria. L’accelerazione di cambiamenti già in corso ha aumentato la necessità di affrontare con nuovi strumenti il sostegno al lavoro di fronte alle nuove transizioni.

Avendo il rapporto Inapp lo scopo di fornire analisi che siano di supporto alle scelte politiche utili a migliorare il mercato del lavoro è interessante seguire i temi che vengono evidenziati.



Partendo dal fondo delle analisi proposte si evidenzia come sono cresciute le presenze di intrecci fra lavori con forme di regolazione contrattuale standard e con forme non standard, fra lavoro dipendente e lavori solo parzialmente autonomi. Da tale intreccio derivano necessità di interventi regolatori che tengano conto della domanda di nuove flessibilità, ma soprattutto viene una sfida ai sistemi di tutela del lavoro. Una nuova fascia di lavoratori rischia di essere esclusa in toto o in parte dal sistema di welfare esistente. Ma se il modello di welfare perde la sua caratteristica di universalità ne nasce una crepa nel tessuto del mondo del lavoro che non può che aprire nuove crisi e tensioni.

Risalendo nei problemi di incontro fra domanda e offerta di lavoro emerge dai dati degli accessi al mercato del lavoro dei giovani come vi sia la necessità di mettere mano al sistema dell’apprendistato. Sia per migliorare l’accesso al lavoro dei giovani che per rispondere al mismatching delle competenze denunciato dal sistema produttivo vengono indicate due priorità non più rinviabili. Nel sistema della formazione professionale il sistema duale deve essere potenziato e diventare il perno di nuovi percorsi di professionalizzazione. A sostegno di questo percorso si deve intervenire con un contratto di inserimento dei giovani in azienda che favorisca la diffusione di quelli che sono oggi i percorsi di apprendistato di primo e terzo livello.

A fianco di questo ridisegno della formazione di base deve essere strutturato un sistema efficace di formazione permanente che, assieme a servizi di politica attiva del lavoro, sia di sostegno lungo tutta la vita lavorativa delle persone.

La formazione permanente e la rete di servizi di politiche attive del lavoro vengono ritenute uno snodo essenziale per governare positivamente le transizioni lavorative che possono caratterizzare la vita lavorativa delle persone. Ma oltre a questo obiettivo generale sono determinanti in questa fase per le caratteristiche del cambiamento in corso. Il mutamento indotto in tutti i settori produttivi dalla digitalizzazione e dalla sfida della sostenibilità creano una domanda molto forte di adeguamento delle competenze individuali con addirittura la scomparsa di intere filiere di lavori.

Il nostro Paese ha una storica mancanza in questo settore del welfare a sostegno del lavoro e oggi deve accelerare la creazione di un sistema di servizi al lavoro efficace per poter sfruttare le opportunità delle trasformazioni in corso.

I nodi che stanno al fondo del nostro mercato del lavoro riguardano gli squilibri territoriali, gli squilibri di età e di genere che fanno sì che il nostro tasso di occupazione complessiva rimanga fra i più bassi d’Europa. Questi squilibri storici si saldano con problematiche indotte da nuove forme di organizzazione del lavoro che vedono nella gig economy la parte più dirompente, ma che è presente in forme più attenuate anche in altri settori dei servizi. Da qui una sfida nuova per chi deve organizzare e tutelare le nuove forme di lavoro, sia dal punto di vista contrattuale che su salute e sicurezza.

Il nodo che si deve affrontare con una decisa svolta politica è la bassa crescita della produttività di sistema che caratterizza il nostro Paese. Tale bassa crescita si differenzia fra i diversi settori economici. È troppo bassa nel settore servizi, ha avuto impennate in molti settori industriali, soprattutto in quelli legati alle esportazioni, ha un peso negativo nei settori legati alla Pubblica amministrazione. Questa dinamica ha fatto sì che si sia prodotto uno scarto fra dinamica della produttività e andamenti salariali, a discapito di tutti i salari, che ha prodotto nuove diseguaglianze e sacche di lavoro povero.

È questo il nodo di fondo che deve essere affrontato con politiche del lavoro che si sposino con politiche economiche e industriali capaci di interrompere il declino produttivo del Paese. È questo anche il nodo più importante su cui misurare l’efficacia di un nuovo confronto Governo-sindacati se non vogliamo scadere in piattaforme antagoniste che servono solo a fare cortina fumogena sui problemi reali.

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