Come noto, la pandemia legata al Covid-19 ha, negli anni scorsi, avuto un impatto diretto, connesso ad esempio ai lockdown, sul quadro economico complessivo con, nel nostro continente, un’intensità più accentuata negli Stati membri meridionali dell’Unione europea, tra cui anche il nostro Paese.
Si ritiene, infatti, che il virus abbia messo a rischio milioni di posti di lavoro. Il Centro europeo per lo sviluppo Cedefop, ad esempio, ha stimato nel 2020 che circa 45 milioni di posti di lavoro, ossia il 23% della forza lavoro del mercato del lavoro dell’Europa a 27 (Regno Unito compreso quindi), sono stati esposti a un rischio molto elevato legato al Covid-19 e che un ulteriore 22% (per lo più lavoratori mediamente o poco qualificati del settore dei servizi) era stato esposto a un rischio significativo.
In tale contesto l’Europa ha istituito, sebbene solo a titolo temporaneo, lo strumento Sure per aiutare i Governi a far fronte all’impatto della pandemia sui rispettivi mercati del lavoro. Lo strumento sostiene, sostanzialmente, l’estensione, o l’implementazione, di nuove misure di mantenimento dei posti di lavoro esistenti come accaduto, ad esempio, con la cassa integrazione guadagni, nelle sue varie forme, in Italia. Tutte queste misure, di fondo, consentono alle imprese in difficoltà economica di beneficiare di un sostegno pubblico al reddito in compensazione delle ore non lavorate.
Un recente rapporto di monitoraggio della Commissione, pubblicato solo pochi giorni fa, evidenzia, nel quadro delineato sopra, che sono stati ben 31,5 milioni i lavoratori dipendenti e autonomi e oltre 2,5 milioni le imprese che nel 2020 sono stati sostenute attraverso lo strumento Sure. Secondo i dati raccolti, Sure si è dimostrato, quindi, efficace sia per mitigare l’impatto della pandemia nel 2020, sia per facilitare una più rapida ripresa economica nel 2021.
Nel 2021 Sure ha continuato poi a tutelare l’occupazione, in particolare nella prima metà dell’anno, quando la pandemia ha continuato ad avere un forte impatto negativo, sostenendo circa 9 milioni di persone (15% dell’occupazione totale) e oltre 900.000 imprese (15% delle imprese) nei 15 Stati membri beneficiari. Nel 2022, con solo riferimento ai quattro Stati membri che hanno prorogato le misure, il sostegno nell’ambito di Sure ha continuato ad interessare ben 350.000 persone e 40.000 imprese.
La politica, italiana ma non solo, che ha iniziato già a parlare di elezioni europee e di scenari dopo il 2024 potrebbe, e dovrebbe, quindi, guardare con interesse a esperienze, che sembrano essere sostanzialmente positive, come quella di Sure. L’Europa, infatti, si costruisce anche sul piano sociale iniziando a definire, ad esempio, misure di welfare e di sostegno alle persone senza lavoro valide per tutti ovunque si viva nel “nostro” continente europeo e non solo con un approccio tecnocratico che sembra a molte persone lontano.
L’auspicio è, quindi, che da esperienze come Sure si riparta per iniziare a costruire un primo nucleo di tutele comuni per tutti i lavoratori europei.
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