Cosa è essenziale, oggi, nel mondo del lavoro? Questa è la domanda, ricalcata sul titolo del Meeting, che ha guidato gli approfondimenti in materia di competenze, formazione professionale, industria e occupazione negli incontri della settimana riminese appena conclusa.

La risposta è forse imprevista, ma non stupefacente: le parole più ricorrenti sono state “relazione”, “partecipazione”, addirittura “comunione”.



I tanti relatori che si sono susseguiti in quasi una decina di incontri in qualche modo dedicati al lavoro (questa è un’attenzione certamente degna di nota, significativa della centralità che il lavoro sta ri-assumendo nel dibattito culturale proprio nell’epoca della sua maggiore crisi) hanno chiarito che, per quanto inevitabilmente rilevanti siano le riforme legislative, le soluzioni organizzative, gli incentivi economici, ciò che è davvero essenziale nella dinamica odierna dei rapporti di lavoro è da ricercarsi nel coraggio di affrontare la domanda sul significato del lavoro. È emerso nel dialogo sul Made in Italy, nelle riflessioni sulla nuova filiera tecnologico-professionale, negli scambi sul mismatch formativo e, non da ultimo, nella traccia del Manifesto sul buon lavoro anticipata dalla Compagnia delle opere nell’ultimo giorno di Meeting.



La riflessione sul significato del lavoro, che i media quotidianamente (sbagliando!) ricordano essere sbiadito, addirittura negato dai più giovani, ossia coloro che non a caso fanno più fatica a inserirsi nel mercato del lavoro anche nel periodo di massima occupazione, è ruotata attorno ai tre termini sopra ricordati.

Ciò che è emerso è l’importanza delle relazioni nel lavoro di oggi, ancor più che nel passato. La relazione, d’altra parte, è una esperienza solo umana che non potrà mai essere sostituita da alcuna intelligenza artificiale generativa (anche questo argomento tra i più ricorrenti negli incontri di questa edizione).



Il segretario della CISL Luigi Sbarra ha declinato l’importanza della dimensione umana nell’ambito delle relazioni (è proprio questo il termine) industriali e nella gestione del personale, presentando alla platea della Sala Neri i contenuti della proposta di legge di iniziativa popolare promossa dalla CISL dedicata alla partecipazione dei lavoratori alla governance delle aziende. Proposta di legge ora in discussione in Parlamento, che dovrebbe essere approvata già entro la fine dell’anno. Una boccata di ossigeno nell’annoiato dibattito lavoristico, perché allo stesso tempo originale tecnicamente, ma anche coraggiosa culturalmente. Coraggiosa perché capace di superare l’assetto egoistico che contraddistingue i rapporti di lavoro nell’epoca dell’individualismo, frutto perverso della stagione del Sessantotto.

Proprio alle riflessioni sulle domande di fondo del movimento studentesco è dedicato l’ultimo testo di Luigi Giussani, presentato nei giorni del Meeting. Nel 1969 una felicissima intuizione degli universitari che frequentavano il Centro Culturale Charles Péguy di Milano associò al termine “liberazione”, assai in voga allora, il termine “comunione”, affermando che solo la vita insieme, solo la costruzione di relazioni vere perché fondate sul significato della vita, permettono una liberazione di sostanza e non di facciata. Altro che la mitizzazione della “rivoluzione”!

La centralità delle relazioni, quindi, è il filo rosso che lega la partecipazione (il coinvolgimento diretto delle persone nei luoghi di lavoro) con la comunione (la compagnia per la vita di chi si scopre amico in un percorso di fede). Una continuità inaspettata, che merita di essere approfondita.

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