Alle ore 9:00 di lunedì 27 marzo si sono aperte le procedure per l’invio delle domande per l’ingresso nel nostro Paese di lavoratori stranieri per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale, nell’ambito delle quote fissate in 82.705 unità. Alle 19:00, le istanze pervenute erano oltre 240.000. Questo riporta il sito del ministero dell’Interno in relazione all’ultimo click day, una sorta di lotteria per l’ingresso legale di lavoratori extracomunitari in Italia.



Da anni nel nostro Paese si trascina il dibattito sulla necessità di manodopera straniera in molti settori economici e in parallelo lo scontro politico sul tema dell’immigrazione sembra non attenuarsi, non trovando una sintesi condivisa. Sullo sfondo, intanto, continuano gli sbarchi nelle regioni del Sud e purtroppo anche le tragedie legate ai pericoli delle traversate.



I temi dell’immigrazione e delle nuove sfide del mercato del lavoro vengono spesso confusi e non affrontati in modo organico; al contrario, le politiche necessarie per trovare risposte ai due fenomeni dovrebbero necessariamente essere integrate, coordinate e rese complementari laddove necessario.

L’immigrazione si confronta con questioni come, ad esempio, il calo demografico, l’invecchiamento della popolazione, l’integrazione scolastica per i giovani e quella sociale per gli adulti e le famiglie, la cooperazione politica ed economica con i Paesi del Mediterraneo, le politiche famigliari e la cittadinanza degli immigrati di seconda generazione.



Il mercato del lavoro allo stesso tempo dibatte da anni su tematiche come il mismatch tra domanda e offerta, la formazione scolastica, universitaria e professionale, l’emigrazione dei giovani qualificati, i bassi salari, il lavoro nero, la dimensione d’impresa, la produttività, la mancanza di adeguate competenze e di manodopera qualificata e, infine, una diffusa cultura anti-industriale.

Queste due grandi sfide contemporanee possono essere affrontate solo con un pensiero lungimirante di lungo periodo e con una seria strategia operativa, che – lontani dalle ricorrenti discussioni di basso profilo all’arrivo di ogni nuovo barcone – portino al superamento del sistema di lotteria e click day, strutturando reali politiche attive del lavoro e di integrazione sociale che sono necessarie, anzi fondamentali, anche per molti italiani.

Purtroppo, sul tema dell’immigrazione troviamo posizioni politiche contrapposte, che prese da sole non risolverebbero comunque il problema. La destra dice «lasciamoli a casa loro e aiutiamoli lì dove vivono», una cosa non impossibile, ma molto complicata e spesso non rispondente alle ragioni per cui le persone emigrano; la sinistra, invece, dice «accogliamoli, accogliamoli» con gli effetti, anche elettorali, che conosciamo.

Le posizioni generali dimenticano che queste persone scappano dai propri Paesi per la presenza di regimi non democratici, di conflitti, di condizioni di estrema povertà e per gli effetti dei cambiamenti climatici che condizionano notevolmente i loro territori. Ugualmente dimenticano che se da un lato molti italiani, giovani e meno giovani, non hanno le competenze necessarie per inserirsi nel mercato del lavoro, il flusso di lavoratori provenienti da altri Paesi non garantisce di avere a disposizione nell’immediato proprio quelle competenze utili. Servirebbe comunque un sistema di accoglienza adeguato e periodi medio lunghi di adattamento e integrazione, a cominciare dalla necessità di imparare adeguatamente la nostra lingua.

Integrare significa dare alle persone anche una possibilità forte e concreta di lavorare e stabilirsi in Italia con le proprie famiglie. Oltre all’insegnamento della lingua italiana e delle nostre regole di convivenza civile è necessario istituire percorsi di integrazione sociale e professionale, di formazione e di riqualificazione, utili per un accompagnamento nel fabbisogno del mercato del lavoro italiano.

Molti immigrati hanno un’istruzione superiore di livello e una formazione molto buona, ma che necessita di un aggiornamento per essere adeguata a quella italiana ed europea. Molti altri invece hanno competenze professionali di rilievo in settori per noi strategici, ma nei quali è difficile ormai da anni recuperare manodopera italiana. Si pensi all’edilizia, all’agricoltura e al turismo.

Per questo è necessario rafforzare gli Istituti Tecnologici Superiori (ITS) per i quali sappiamo che a otto mesi dal diploma triennale l’80% dei formati trova uno sbocco lavorativo. Il Pnrr investe un miliardo e mezzo di euro sugli ITS. L’occasione è quindi grandiosa. E questo non riguarda solo i giovani immigrati, ma anche i giovani italiani.

Sappiamo che il nostro sistema scolastico funziona poco e male nel rapportarsi con il mercato del lavoro, ma è un problema annoso per tutti gli italiani, indipendentemente dagli immigrati. Si deve lavorare affinché questo divario venga ridotto.

Un altro tema è quello del lungo inverno demografico che ha colpito il nostro Paese. Il Governo ha riconfermato che bisogna sviluppare molta attenzione sul tema. Vediamo quali politiche verranno implementate per affrontare questo problema. D’altra parte, dobbiamo ricordare che nella cultura delle famiglie di immigrati che arrivano in Italia il figlio è ancora visto come un bene sia per la famiglia stessa, sia per la società. Dovremmo recuperare questo valore anche nella nostra cultura. Il problema è quindi anche culturale.

Si è fatta solo una breve analisi di alcune questioni che riecheggiano nelle discussioni in merito al mercato del lavoro e all’immigrazione per ciascuna delle quali servono approcci specifici ma sistemici, coordinati e complementari che abbiano origine da una strategia realistica e condivisa. In sintesi, potremmo dire che molte cose riguardanti il mercato del lavoro non funzionano già per gli italiani e andrebbero risolte a prescindere dalla necessità o meno di avere lavoratori provenienti dagli altri Paesi. Parallelamente, strumentalizzare la questione immigrazione non tenendo conto che le dinamiche che la provocano sono originate da motivazioni complesse vuol dire non approcciarla nel modo giusto.

Entrambe le questioni però sono centrali per il futuro dell’Italia e tardare nelle necessarie soluzioni avrà effetti sempre più devastanti per il nostro Paese e per la nostra coesione sociale.

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