Tempi duri per chi anela al pensionamento. L’età pensionabile – cioè l’età che, insieme all’anzianità contributiva, costituisce requisito di legge per l’acquisto del diritto a pensione – si alza sempre di più. La stessa supermanovra finanziaria, che il Parlamento dovrebbe approvare nei prossimi giorni (d.l. n. 98 del 2011) interviene nuovamente in materia, disponendo, tra l’altro, che l’introduzione del meccanismo di innalzamento dell’età pensionabile in funzione dell’allungamento della vita media, già prevista a partire dal 2015 dall’art. 12, d.l. n. 78 del 2010, conv. l . n. 122 del 2010, venga anticipata al 2014.
D’altra parte, per godere della pensione non basta più neppure avere tutti i requisiti di legge, visto che, dal momento della loro maturazione, la decorrenza, e cioè la concreta percezione del trattamento, slitta comunque di un anno per i lavoratori dipendenti e di un anno e mezzo per quelli autonomi.
È, dunque, destinato a suscitare interesse il d.lgs. n. 67 del 2011, attuativo della delega bipartisan sull’accesso anticipato al pensionamento per coloro che compiono “lavorazioni particolarmente faticose e pesanti” (cosiddetti lavori usuranti), già istituita con il Governo Prodi (l. n. 247 del 2007) e oggi riproposta con il “collegato lavoro” (l. n. 183 del 2010).
I lavoratori interessati, infatti, qualora non siano già destinatari di discipline speciali che garantiscono loro età pensionabili più basse di quella prevista dal regime generale per i lavoratori dipendenti, potranno anticipare la data di maturazione dei requisiti pensionistici di un periodo sino a tre anni; ovvero potranno fruire di un abbassamento sino a tre unità della somma dei requisiti anagrafico e contributivo previsti per l’accesso alla pensione di anzianità (cfr. Tabelle A e B, l. n. 247 del 2007).
Il provvedimento, tuttavia, è particolarmente complesso e potrà senz’altro comportare difficoltà di interpretazione e applicazione. È bene, dunque, che tutti i potenziali interessati ne conoscano i contenuti, a cominciare da quanto attiene l’individuazione dei lavoratori beneficiari, i quali vengono suddivisi in quattro grandi categorie.
La prima categoria è quella dei lavoratori adibiti alle “mansioni particolarmente usuranti”, già definite dall’art. 2, d.m. 19 maggio 1999, che fa riferimento a lavori quali quelli svolti nelle gallerie, cave e miniere, ovvero in cassoni ad aria compressa; in ambienti ad alte temperature (si pensi alle fonderie), in “spazi ristretti” (si pensi alla cantieristica navale), alle attività dei palombari e degli addetti alla lavorazione del vetro cavo, nonché a quelle dell’asportazione dell’amianto.
Seguono i lavoratori notturni, e cioè i lavoratori a turni, che operino nel periodo definito come “notturno” dal d.lgs. n. 66 del 2003 (tra mezzanotte e le cinque), con turni di almeno 6 ore; tale attività deve essere svolta per almeno 78 giorni l’anno, se la data di maturazione dei requisiti di pensionamento, comprensiva dell’anticipazione concessa ai sensi del decreto, si colloca prima del 30 giugno 2009 (attenzione: in questi casi non si prevede una pensione retroattiva, in quanto questa matura comunque dopo l’entrata in vigore del decreto, subordinatamente alla cessazione del rapporto di lavoro e alla presentazione della domanda all’ente). Se, invece, detti requisiti maturano in data successiva al 30 giorno 2009, bastano 64 giorni l’anno di lavoro notturno. In tale seconda categoria rientrano, inoltre, tutti coloro che prestano l’attività per almeno tre ore nel suddetto periodo notturno, per l’intero anno lavorativo.
La terza categoria dei beneficiari comprende i dipendenti di imprese che svolgono le attività considerate nelle voci della tariffa Inail elencate nell’Allegato, e segnatamente quelle relative: alla produzione dolciaria e di additivi per alimenti (voce n. 1462), alla lavorazione di resine sintetiche, materiali polimerici termoplastici e termoindurenti e simili (n. 2197), alla fabbricazione di macchine da cucire e rimagliatrici (n. 6322), di autoveicoli e rimorchi (n. 6411), di apparecchi termici, di produzione di calore, di riscaldamento, refrigerazione e condizionamento (n. 6581), di elettrodomestici (n. 6582) e altri strumenti (n. 6590), alla produzione di abbigliamento e calzature (n. 8210 e n. 8230).
Partecipare a tali attività, però, non è sufficiente, in quanto vengono considerati soggetti a lavoro usurante solo coloro che osservano ritmi produttivi predeterminati, per i quali il datore di lavoro è obbligato a erogare la retribuzione a cottimo (art. 2100 cod. civ.), e che risultino “impegnati all’interno di un processo produttivo in serie, contraddistinto da un ritmo determinato da misurazione di tempi di produzione con mansioni organizzate in sequenze di postazioni, che svolgono attività caratterizzate dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale, che si spostano a flusso continuo o a scatti con cadenze brevi determinate dall’organizzazione del lavoro o dalla tecnologia”. Rimangono, invece, esclusi gli addetti a lavorazioni collaterali alla linea di produzione, ovvero alla manutenzione, al rifornimento materiali, alla regolazione e al controllo computerizzato delle linee e al controllo di qualità.
La quarta e ultima categoria dei beneficiari comprende invece i conducenti di veicoli di capienza complessiva non inferiore a 9 posti, adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo.
Esercitare le attività considerate, però non basta, poiché l’accesso ai benefici spetta solo se detto esercizio si sia protratto per un apprezzabile periodo di tempo. A tal fine, il decreto indica un periodo minimo di 7 anni, “compreso l’anno di maturazione dei requisiti”, collocato negli ultimi 10 anni della vita lavorativa, qualora la “decorrenza” della pensione cada entro il 31 dicembre 2017; per le pensioni di decorrenza successiva è, invece, necessario aver dedicato ai suddetti lavori usuranti almeno la metà della propria vita lavorativa (art. 1, comma 2).
Nessun dorma, quindi: né lavoratori, né datori di lavoro. Entrambe le categorie – la prima nel proprio interesse, la seconda per gli obblighi di informazione e cooperazione imposti dalla disciplina – si preparino infatti a predisporre tutti gli adempimenti necessari per consentire la verifica dell’effettiva spettanza del pensionamento anticipato a coloro che ne faranno richiesta. In particolare, i lavoratori si preoccupino di munirsi sin d’ora di tutti i supporti probatori richiesti dal decreto legislativo (si veda la sfilza di documenti richiesti dall’art. 2; ulteriori richieste potranno provenire dall’emanando decreto ministeriale attuativo). Sempre ammesso che, ovviamente, detti lavoratori vogliano accedere al beneficio: il che, se si riflette un po’, non è affatto certo.
Lo “sconto” sull’età pensionabile, infatti, spetta solo a domanda. Peraltro, nel caso di domande presentate in numero superiore a quello preventivato in sede di definizione delle risorse finanziarie, ovvero presentate senza rispettare i termini di legge (chi ha già maturato o maturerà i requisiti entro il 2011 si affretti: il termine è al 30 settembre prossimo; gli altri si preparino per il 1° marzo dell’anno di maturazione dei requisiti: v. sempre l’art. 2 del decreto) si rischia la parziale perdita dello “sconto” suddetto.
Ma è anche possibile che, alla fine, il lavoratore non sia realmente interessato ad anticipare l’età pensionabile. L’ipotesi, a ben vedere, è tutt’altro che peregrina, visto che chi va in pensione prima lo fa con minore anzianità, e dunque beneficia di un trattamento più basso. Il decreto, infatti, non prevede alcuna modifica alle regole per il calcolo della pensione. È quindi possibile che il lavoratore che ha svolto lavori usuranti decida di non chiedere il beneficio perché vuole continuare a lavorare, sia per godere ancora di un reddito “pieno”, sia per incrementare l’importo della futura pensione.
Si deve considerare, infatti, che, sino a quando non giunge l’età pensionabile “canonica”, il dipendente continua a godere della tutela contro i licenziamenti. E tale tutela permane anche nell’ipotesi in cui, a causa della prolungata adibizione alle lavorazioni faticose, sia sopravvenuta una situazione di inidoneità all’esercizio delle lavorazioni stesse. In tal caso, infatti, se l’organizzazione aziendale lo consente, il datore di lavoro è obbligato ad adibire l’interessato a lavorazioni compatibili con il suo stato di salute.
Insomma, cari lavoratori particolarmente affaticati o affaticabili: preparatevi sin d’ora tutte le “pezze d’appoggio” per andare in pensione prima. Ma tenete anche presente che, se alla fine non vi conviene, nessuno vi obbliga a farlo.