Sembra ormai un appuntamento fisso, e in effetti, come regolarmente accade dal 2008, la “misura sperimentale” e – teoricamente – provvisoria del bonus fiscale applicabile alle “retribuzioni di produttività” è stata nuovamente finanziata per il 2013 e 2014 dalla Legge di Stabilità approvata nell’anno appena concluso (art. 1 c. 481, 482 L. 92/2012).
Le modalità di attuazione dell’agevolazione sono contenute nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri firmato il 22 gennaio scorso, oggi in attesa del vaglio della Corte dei Conti e di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Tale decreto recepisce i criteri di applicazione del beneficio dettati da tutte le associazioni imprenditoriali e dai sindacati (senza la Cgil) nell’accordo di produttività del 21 novembre 2012.
Di per sé si tratta di un provvedimento positivo, non solo per il noto sconto fiscale consistente in un’imposta secca del 10%, ma anche perché, più di quanto avvenuto in precedenza, tenta di mettere in connessione diretta la reale produttività dell’impresa con il diritto al beneficio fiscale. Tuttavia, anche se il decreto attuativo risulta formalmente semplice e snello, constando solo di 4 pagine e 3 articoli, esso risulta di difficile comprensione in molti punti, come accade ormai sempre più di frequente a causa del modus scrivendi delle norme: è troppo auspicare che i prossimi legislatori si impegnino a scrivere norme più chiare e leggibili, senza dover rincorrere e aspettare sempre i successivi provvedimenti chiarificatori?
Tant’è: anche in questo caso le imprese e gli operatori dovranno attendere, prima di dare concreta applicazione alla detassazione, non solo la pubblicazione del decreto, ma anche le successive istruzioni operative da parte del Ministero del Lavoro e dell’Agenzia delle Entrate.
In attesa di ciò, esaminiamo comunque i parametri di applicazione della misura per quest’anno.
Quali sono i dipendenti interessati?
Nella norma è ampliata la platea dei potenziali dipendenti beneficiari della detassazione. Si tratta infatti di tutti i lavoratori dipendenti di imprese del settore privato che nel 2012 hanno dichiarato un reddito da lavoro dipendente non superiore a 40.000 euro (30.000 era il limite di reddito richiesto per l’accesso all’agevolazione nel 2012), comprese le eventuali somme soggette nel 2012 a questo beneficio fiscale.
Quale beneficio, quali somme, quali contratti?
L’agevolazione fiscale permette di pagare sui cosiddetti “salari di produttività”, per importi che non possono superare per il 2013 e per ciascun dipendente i 2.500 euro lordi (nel 2012 il limite era di 6.000 euro), un’imposta “secca” del 10%, sostitutiva sia dell’aliquota Irpef sia delle addizionali regionali e comunali.
L’incentivo riguarda solo le somme erogabili a tale scopo fra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2013 (12 gennaio 2014 per il cosiddetto principio di cassa allargato) in esecuzione di contratti collettivi di lavoro di secondo livello stipulati in sede aziendale o territoriale e necessariamente sottoscritti dalle associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale oppure dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda. Tali contratti devono inoltre essere depositati (novità di quest’anno) per una verifica di conformità presso la Direzione Territoriale del Lavoro entro 30 giorni dalla loro sottoscrizione, con un’autodichiarazione di conformità alle disposizioni del decreto.
Rispetto alle regole dello scorso anno, la principale novità introdotta è l’identificazione delle somme oggetto di detassazione ed è questo il punto in cui la lettura del decreto lascia più adito a dubbi.
Le somme potenzialmente detassabili possono infatti essere, “in alternativa”:
A) Voci retributive erogate in esecuzione di contratti di secondo livello “con espresso riferimento ad indicatori quantitativi di produttività / redditività / qualità / efficienza / innovazione”.
Il dispositivo così formulato ha probabilmente lo scopo di evitare una distribuzione a pioggia delle risorse, rendendo più stringenti i termini per il riconoscimento della detassazione. Ad esempio, non dovrebbe più bastare l’affermazione che la somma e il relativo istituto contrattuale siano collegati a un generico incremento di produttività e competitività dell’azienda, così come avvenuto negli accordi territoriali stipulati per la detassazione nel 2012 da Confindustria e Confcommercio che consentivano la detassazione di tutti gli istituti del contratto collettivo nazionale in quanto, di per sé, finalizzati ad aumentare le performance produttive dell’impresa.
L’attuale decreto sembra invece richiedere qualcosa di più: l’accordo dovrebbe dare evidenza se e in quali termini quantitativi o comunque misurabili, la somma (ad esempio, una maggiorazione per lavoro straordinario/notturno) e il relativo, presupposto, istituto contrattuale (ad esempio, il lavoro straordinario o notturno) siano collegati (e generino) nella singola realtà aziendale un incremento della produttività/redditività, ecc.
Appare di tutta evidenza la difficoltà di collegare straordinari o lavoro notturno a precisi indicatori quantitativi di produttività aziendale; diversamente non si pongono problemi per i premi di risultato che di norma sono collegati a obiettivi misurabili e variabili definiti nel contratto, e forse neppure per l’indennità di reperibilità, se si può misurare in termini di maggior efficienza o produttività gli esiti di un intervento di lavoro svolto in regime di reperibilità.
B) Voci retributive erogate in esecuzione di contratti (di secondo livello) che prevedano “l’attivazione di almeno una misura in almeno tre delle aree di intervento di seguito indicate”:
1 – Modelli flessibili con programmazione mensile della quantità e distribuzione dell’orario (ad esempio, la regolazione del lavoro domenicale e festivo)
2 – Programmazione aziendale della distribuzione flessibile del periodo feriale eccedente le due settimane
3 – Modelli organizzativi/gestionali finalizzati a rendere compatibile l’impiego di nuove tecnologie con la tutela dei diritti dei lavoratori (ad esempio, sistemi di videosorveglianza)
4 – Interventi in materia di fungibilità delle mansioni e di integrazione delle competenze.
E da questo punto di vista si nota facilmente come la norma sia di non facile interpretazione. Infatti, quale potrà essere la somma effettivamente detassabile in ciascuna delle descritte aree di intervento? Nel caso di nuovi regimi orari sembrano facilmente individuabili con le relative maggiorazioni retributive, ma nel caso di pianificazione dei periodi feriali, quale voce retributiva si può individuare? Forse le relative giornate di ferie godute in virtù della programmazione concordata con i sindacati? E negli interventi inerenti la diffusione di tecnologie o fungibilità delle mansioni? Forse qualche specifica indennità?
Non resta così che attendere ormai indispensabili chiarimenti e forse anche interpellare, nelle singole realtà aziendali o di settore, le Parti sociali che nell’accordo di produttività dello scorso novembre hanno individuato nel modo sopra riportato le aree di possibile intervento (quelle di cui ai numeri 1, 3 e 4).
Ma al di là del fatto che la norma necessiti di un chiarimento, in ogni caso sembra difficile immaginare aziende così virtuose da soddisfare da subito queste condizioni o, così pro-attive da adottare in breve tempo e almeno in tre delle aree, una misura specifica con relativa voce retributiva, anche considerando che i budget previsionali del 2013 sono di norma già approvati.
Per tutti questi motivi, entrambi i canali di accesso all’agevolazione fiscale rischiano di non essere ancora immediatamente applicabili.
Mi pare inoltre difficile l’utilizzo del solo strumento degli accordi territoriali, visto l’obbligo di definizione di indicatori economici di produttività o di misure relative, ad esempio, a sistemi di flessibilità dell’orario o fungibilità delle mansioni, che non si prestano a generiche formulazioni svincolate dalla singola realtà aziendale.
Con il monitoraggio che effettuerà il Ministero del Lavoro entro il 30 novembre 2013, a seguito della raccolta dei contratti depositati potremo capire, purtroppo solo ex-post, se lo scenario delineato dalla norma e dal decreto attuativo sia stato effettivamente praticabile o meno.
Questo bonus fiscale riduce il costo del lavoro?
Da un punto di vista tecnico la risposta è “no”. Infatti, gli importi oggetto di detassazione sono lordi e quindi comprensivi di oneri fiscali e contributivi. Agli occhi dell’impresa però queste somme, proprio perché correlate in maniera più stringente rispetto al passato a indicatori quantitativi di produttività, potrebbero costituire un buon test per misurare l’efficacia delle azioni intraprese per l’aumento della produttività.