Un lavoratore che subisca un incidente mentre, in sella al suo motorino, si sta recando da casa al lavoro, è tutelato dall’Inail? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6725, depositata il 18 marzo, ha confermato il proprio orientamento, che potrebbe essere riassunto nei seguenti termini: “Probabilmente no, però dipende”. Cerchiamo, dunque, di capire come stanno le cose, perché la questione interessa molti lavoratori.

In primo luogo, va ricordato che la legge, ormai da tempo, espressamente prevede che l’infortunio subito nel tragitto di andata e ritorno tra abitazione e luogo di lavoro – cosiddetto infortunio “in itinere” – sia considerato a tutti gli effetti infortunio sul lavoro e, quindi, dia diritto alle prestazioni dell’Inail. Tuttavia, la stessa legge (art. 2, d.p.r. n. 1124 del 1965, modificato dall’art. 12, d.lgs. n. 38 del 2000) pone anche alcuni “paletti”. In particolare, la tutela viene esclusa qualora il lavoratore scelga di utilizzare, per compiere il tragitto, un mezzo di trasporto privato – automobile, moto, scooter -, salvo che tale uso non risulti “necessitato”. Se tale situazione di “necessarietà” non ricorre, il lavoratore che voglia essere tutelato contro l’infortunio in itinere dovrà dunque scegliere tra l’uso di un mezzo pubblico (bus, treno, metrò) e, qualora possibile, il proverbiale “cavallo di San Francesco”.

Il vero problema, quindi, è quello di capire quando l’uso del mezzo privato possa considerarsi “necessitato”. Da questo punto di vista, la Cassazione ricorda che la legge non richiede una necessità, per così dire assoluta. La tutela, cioè, viene estesa non solo nei casi limite nei quali andare a piedi o usare il mezzo pubblico sia impossibile (ad esempio, perché il tragitto è lungo vari chilometri e non è servito da alcun autobus, treno o simili), ma anche quando ciò risulti particolarmente difficoltoso. Ciò accade, ad esempio, quando utilizzare i mezzi pubblici significhi, per il lavoratore, subire tempi di permanenza fuori dall’abitazione eccessivamente lunghi, che gli impediscano di fruire di un adeguato periodo di tempo libero, ovvero di curare le proprie relazioni personali e familiari, o che gli causino un eccessivo stress psicofisico.

Si tratta, come è evidente, di criteri elastici, che come tali possono creare situazioni di incertezza; ma che sicuramente sono suscettibili di causare brutte sorprese a chi ricorra all’utilizzo del mezzo privato per semplice comodità, e non per situazioni di difficoltà obiettivamente dimostrabili.
In tale prospettiva, la stessa sentenza n. 6725 ha confermato la sentenza della Corte d’appello di Napoli, che aveva negato la tutela assicurativa al lavoratore che aveva subito un incidente, nell’utilizzare il motorino per recarsi sul luogo di lavoro distante da casa solo un paio di chilometri.
In questo caso, rilevando che “il tragitto era percorribile a piedi ovvero utilizzando un mezzo di trasporto pubblico”, è stata negata la sussistenza delle situazione di “necessarietà”, idonea a far considerare operante la tutela Inail, anche in caso di utilizzazione del mezzo privato.

Evidentemente, in quel caso il lavoratore ha preferito far uso del proprio scooter perché si trattava di un mezzo più comodo, che probabilmente, tra andata e ritorno, gli faceva “guadagnare” 40/50 minuti al giorno, rispetto al tempo che sarebbe servito per compiere il tragitto a piedi. Una simile scelta non è certo illegittima. Tuttavia, è bene considerare che essa viene “pagata” con l’esclusione dalla tutela antinfortunistica di legge.

Si deve comunque ribadire che l’elasticità dei criteri dei quali si è detto impone di valutare caso per caso la serietà della giustificazione posta a base della scelta di utilizzare il mezzo proprio. E così, ad esempio, in una situazione apparentemente analoga a quella appena evocata, è stato ammesso alla tutela il dipendente che utilizzava la propria autovettura, perché doveva rientrare immediatamente dal lavoro, al fine di assistere la madre anziana e ammalata, che altrimenti sarebbe rimasta sola. Ad analoga conclusione ritengo possa giungersi, ad esempio, nel caso di madre lavoratrice che con il mezzo pubblico non sia in grado di raggiungere in tempo utile i figli al termine dell’orario scolastico.

Nella citata sentenza n. 6725, la Corte di Cassazione compie anche un veloce riferimento a “particolari esigenze dietetiche”: sembrerebbe, quindi, che anche la necessità di spostarsi velocemente nell’andata e ritorno dalla propria abitazione durante la pausa pranzo, per poter seguire un particolare regime alimentare, possa dar luogo all’utilizzo “necessitato” del mezzo privato (non dubiterei però del fatto che, in questo caso, la prova delle suddette esigenze debba essere fornita dal lavoratore con adeguate certificazioni mediche).

Le situazioni personali, quindi, possono dar luogo a fattispecie molto diversificate. Il dipendente che aspiri a essere tutelato dall’Inail durante il tragitto di andata e ritorno dal lavoro, dovrà comunque verificare bene – prima di inforcare il motorino o di mettersi alla guida della propria auto – se non sia opportuno dare un’occhiata agli orari dell’autobus e del metrò; o, quando il tragitto non sia troppo lungo, se non convenga fare un po’ di sano esercizio fisico, soprattutto ora che sta arrivando la primavera.