Il dibattito sui costi della politica è sempre acceso, ma le notizie che appaiono sui media sono, spesso, molto urlate e poco precise; e (complice forse anche chi le scrive, che magari non approfondisce un granché) spesso non affrontano tematiche che, invece, possono risultare interessanti. Ad esempio, poco si è detto di quanto la recente riforma del sistema di finanziamento pubblico dei partiti politici, varata con il decreto legge n. 149/2013, convertito in legge n. 13/2014 del 2013, abbia inciso sui rapporti di lavoro dei loro dipendenti.
Detta riforma, infatti, dovrebbe comportare, per le formazioni interessate, un taglio di disponibilità finanziarie, suscettibile di ripercuotersi sulla loro capacità di mantenere l’attuale numero di dipendenti. La “crisi globale”, insomma, si fa sentire anche qui. Per “ammortizzare” gli effetti che la gestione degli esuberi potrà comportare anche in tale settore, l’art. 16 del decreto n. 149 ha esteso ai partiti le vigenti disposizioni in materia di cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs) e di contratti di solidarietà (i quali, come noto, costituiscono anch’essi una fattispecie di intervento dell’integrazione salariale straordinaria).
Si tratta di una deroga notevole, rispetto a quanto prevedono le vigenti discipline delle integrazioni salariali, le quali, come noto, operano con criteri selettivi, e normalmente si rivolgono alle sole imprese, peraltro con significative differenze a seconda dei vari settori produttivi. Ad esempio, per le imprese industriali l’intervento si attua solo se queste superano la soglia dei 15 dipendenti; per le imprese commerciali, invece, il numero di alza a 50 dipendenti.
Per la new entry dei partiti politici, invece, innanzitutto non c’è soglia occupazionale minima: come confermato dal decreto ministeriale attuativo del 22 aprile 2014 e dalla circolare Inps 8 luglio 2014 n. 87, infatti, da quest’anno la Cigs si applica ai partiti e movimenti politici, come definiti dalla legge n. 157/1999, e alle loro rispettive articolazioni e sezioni territoriali, “a prescindere dal numero dei dipendenti” occupati. I partiti, dunque, godono di un trattamento che può considerarsi di grande favore, soprattutto se si compara la loro situazione con quella dei numerosi settori ancora esclusi dall’ambito di applicazione della cassa integrazione.
Per tali settori, le discipline degli ammortizzatori sociali operanti in costanza di rapporto (quali sono, appunto, le integrazioni salariali), possono essere convenzionalmente riferite (pur con tutte le approssimazioni del caso) a due grandi macro-categorie di datori di lavoro. La macrocategoria che potremmo definire, convenzionalmente, di “Serie B” – tanto per distinguerla dalla “Serie A” che fruisce della cassa integrazione – è costituita da quei datori di lavoro esclusi dalle discipline delle integrazioni salariali, i quali, però, occupano oltre 15 dipendenti. Da quest’anno essi rientrano nel nuovo sistema degli ammortizzatori sociali gestito dai Fondi di solidarietà bilaterali di settore e, in mancanza di questi, dal Fondo residuale istituito presso l’Inps, con il decreto interministeriale 7 febbraio 2014, attuativo della legge “Fornero” n. 92/2012.
Possiamo, invece, definire come “Serie C” l’ultima macrocategoria dei datori di lavoro che non superano la soglia dei 15 dipendenti, e per i cui dipendenti a rischio di licenziamento per esubero non c’è nulla, salvo, quando capita, un po’ di cassa integrazione in deroga (per la quale, però, si sta procedendo allo smantellamento).
Se si guarda ai benefici per i lavoratori, la tutela fruibile nella “Serie A”, nella quale sono stati promossi i partiti, è senz’altro quella più favorevole. Basti pensare che, mentre la Cigs può essere fruita per un anno, due o anche più (il contratto di solidarietà rende superabili i tetti massimi di durata previsti per le altre cause integrabili), con i Fondi di solidarietà di “Serie B” di norma il sostegno al reddito per sospensione totale o parziale della prestazione non superare i 90 giorni (in tal senso è anche la disciplina del Fondo Inps).
Si dirà che, con il decreto 149, d’ora in poi i partiti devono “sopportare” i costi della contribuzioneprevista dalle discipline della Cigs. In effetti, la contribuzione per cassa integrazione straordinaria (si vedano i dati nella circolare Inps n. 87/2014) sembra, nel suo complesso, lievemente più alta di quella fissata dal d.m. 7 febbraio 2014 per la contribuzione a favore del Fondo residuale Inps operante in “Serie B”. Il contributo ordinario per chi non fruisce delle prestazioni è infatti, nel primo caso, dello 0,90% (di cui lo 0,30% a carico del lavoratore), e nel secondo caso dello 0,50% (di cui un terzo a carico del lavoratore).
Quanto ai contributi addizionali gravanti sui datori di lavoro che concretamente fruiscono dei trattamenti, le misure sono, invece, sostanzialmente simili per le due discipline (non è, al contrario, possibile effettuare comparazioni con riferimento all’aumento del contributo, previsto per il caso in cui il trattamento Cigs si prolunghi oltre i 24 mesi, posto che il Fondo residuale Inps non opera per periodi così lunghi).
Ma, soprattutto, sembra opportuno mettere a confronto “Serie A” e “Serie B”, sotto il profilo delrapporto tra costi e benefici. In questo caso, infatti, la prima Serie sembra uscire decisamente vittoriosa, visto quanto osservato in ordine alla durata dei trattamenti, i cui costi superano quelli della “Serie B”, evidenziando uno spread assai più elevato di quello che divide i rispettivi oneri contributivi. Tant’è che, mentre i trattamenti erogati dai Fondi “Fornero” sono integralmente coperti dalla contribuzione pagata da aziende e lavoratori, le integrazioni salariali straordinarie fruiscono anche di un cospicuo finanziamento statale, che si aggiunge alle contribuzioni stesse, consentendo così di mantenere livelli di protezione molto più alti di quelli operanti nella Serie cadetta.
In particolare, l’ingresso in “Serie A” dei partiti politici è accompagnato dagli specifici stanziamentiprevisti dallo stesso art. 16 del decreto n. 149/2013, che consente di affiancare alle entrate contributive un contributo statale, pari a 15 milioni di euro per il 2014, 8,5 milioni per il 2015 e di 11,5 milioni dall’anno 2016 in poi. Tale provvista è finanziata con parte degli stessi risparmi ottenuti dall’abolizione del rimborso delle spese per consultazioni elettorali e dei contributi pubblici erogati per l’attività politica e a titolo di cofinanziamento, prevista dall’art. 14 del decreto medesimo.
In definitiva, un po’ dei soldi risparmiati con la nuova legge tornerà comunque nel circuito dei partiti, per consentire loro di “ammortizzare” i propri esuberi. L’ennesimo blitz di una politica, che con una mano dà e con l’altra si riprende? Oppure una misura socialmente equa, a sostegno di lavoratori in difficoltà?
Al lettore il giudizio. Era, comunque, il caso di informare.