I cambiamenti strutturali del mercato del lavoro e del lavoro degli ultimi anni comportano una necessaria riorganizzazione dei processi produttivi e organizzativi delle aziende che impatta significativamente sia sulle caratteristiche con cui la domanda e l’offerta di lavoro si diffondono, sia sugli aspetti di acquisizione e sviluppo del capitale umano – in particolare dei giovani laureati – all’interno delle imprese.
Diverse sono le sfide che le aziende – e più in generale gli attori del mercato del lavoro – devono affrontare per far fronte a questo cambio di paradigma. In particolare, diventa chiave il tema dell’inserimento e valorizzazione dei giovani laureati in un mercato del lavoro sempre più dinamico e in evoluzione.
L’ultima indagine di Almalaurea (effettuata sui laureati di 78 atenei italiani, a 1, 3 e 5 anni dal titolo) chiarisce come il titolo di studio universitario costituisca un importante fattore di protezione dall’inoccupazione: “Il titolo di studio offre protezione sia a livello psicologico e motivazionale, con una minore percezione di fragilità, sia a livello di condizione lavorativa” (AlmaLaurea, 2023). I dati evidenziano come – a un anno dal conseguimento del titolo – il tasso di occupazione dei laureati sia nell’intorno del 75% per i laureati di primo livello, e del 77% circa per i magistrali biennali. A cinque anni dal conseguimento della laurea, i valori si attestano nell’intorno del 90% per entrambi i titoli di studio. A questo dato complessivo occorre aggiungere, però, che il Paese è sostanzialmente diviso in due. Il 47 % dei laureati residenti al sud si sposta al centro e soprattutto al nord per motivi di lavoro con una conseguente elevata perdita di capitale umano nel Mezzogiorno del Paese; inoltre, i laureati al nord hanno il 43% circa di maggiore probabilità di trovare lavoro rispetto ai colleghi laureati al sud (Almalaurea 2023).
In sintesi, possiamo dire che la laurea costituisce una grande opportunità per trovare lavoro, ma esiste una grande frattura territoriale nel nostro Paese che da troppo tempo non si riesce a colmare, e che “costringe” i giovani del sud a lasciare i loro territori; occorre altresì evidenziare, che la domanda di laureati non è assolutamente soddisfatta (la quota di laureati tra i 25 e i 34 anni in Italia nella popolazione lavorativa (21% nel 2021) rimane tra le più basse tra i Paesi Ocse).
Com’è caratterizzata la domanda di lavoro dei laureati? Quali le aree di competenza maggiormente rilevanti per le imprese?
Analizzando una selezione di professioni in uscita dai corsi di studio magistrali di alcune università italiane (del nord, del centro e del sud), abbiamo individuato 116 profili professionali distribuiti su 5 aree disciplinari che hanno riscontro nella domanda di lavoro online. Dal punto di vista territoriale, emerge una forte concentrazione della domanda di lavoro nel nord del Paese (60/70%), con punte del 30% per posizioni lavorative in Lombardia, seguita dall’Emilia Romagna e Veneto (13% circa rispettivamente), e dal Lazio (11%). La prima regione del Sud è la Campania con una quota annunci per le professioni osservate nel 2022 del 5%.
Grazie all’analisi degli annunci, è stato possibile estrarre le competenze richieste dalle aziende per le professioni osservate, suddividendole in competenze professionali, digitali, e trasversali (comportamentali e soft). Si evince come le competenze digitali siano pervasive in tutti i macro-gruppi disciplinari. Se, come atteso i picchi maggiori sono riscontrabili nelle professioni dell’informatica (61%) e della statistica (53%), l’incidenza del digitale è altrettanto significativa anche in altri gruppi disciplinari, tra cui l’area delle scienze umane, l’area psicologica, giuridica dove le competenze digitali pesano il 15% delle competenze complessive richieste e del marketing dove la quota raggiunge il 19%.
L’altra area di competenze estremamente rilevante è quella delle competenze trasversali (comportamentali e soft skill) che si rivelano importanti per tutte le aree: si può affermare che almeno una competenza su cinque per svolgere la professione è trasversale. Alcune tra le competenze trasversali maggiormente richieste troviamo: lavorare in gruppo, sviluppare le idee creative, adattarsi al cambiamento, comunicare con i clienti, autonomia, identificarsi con gli obiettivi aziendali.
Dall’analisi delle competenze associate alle diverse professioni è stato possibile verificare l’esistenza di “professioni simili”, dove la similarità è riconducibile alla percentuale di skill comuni. Ad esempio, si riscontra come ci sia affinità tra professioni dell’ambito dell’ingegneria industriale e dell’informazione (data scientist, analisti di sistemi, progettisti di database, sviluppatore web, ecc.), dell’ambito scientifico (matematico con statistico) e dell’economia e del marketing (manager finanziario, copywriter pubblicitario, responsabile relazioni pubbliche).
La conoscenza della relazione tra professioni e skill sono elementi che stanno diventando sempre più importanti per gli attori del mercato del lavoro nella gestione e attuazione dei processi di ricerca, selezione e valorizzazione del capitale umano aziendale.
Quali strategie e politiche mettono in atto le aziende per acquisire, trattenere e sviluppare giovani talenti?
Per rispondere a questa domanda abbiamo intervistato alcuni responsabili delle risorse umane di un panel di aziende di diversi settori economici. Sul fronte della ricerca di talenti le aziende cercano innanzitutto laureati in discipline tecniche e scientifiche, ma considerano anche lauree umanistiche valutando aspetti motivazionali e di potenziale durante la selezione e colmando le lacune di competenze tramite programmi di formazione interna. La ricerca avviene principalmente attraverso la collaborazione con le università, con le quali partecipano a career day, sponsorizzano percorsi post-laurea e co-progettando programmi di studio. Allo stesso tempo comunicano la loro proposta di valore tramite employer branding su social media, siti web aziendali, siti di ricerca lavoro. Pur ritenendo importante la carriera accademica, molto rilevanti nelle fasi di selezione risultano le competenze comportamentali o soft skill (sopra citate anche come competenze trasversali) che sono considerate cruciali dai responsabili delle risorse umane aziendali.
Una volta assunti, l’attenzione verso i giovani laureati si sviluppa da una parte su programmi di formazione e dall’altra sulla valutazione dei giovani che tiene in considerazione aspetti legati alle performance e soprattutto il potenziale, i comportamenti e le motivazioni. Da ultimo, emerge l’importanza di trattenere i talenti in azienda. Per questo, oltre a quanto sopra detto, le imprese stanno investendo significativamente nel promuovere il benessere organizzativo e nell’ascoltare i bisogni dei dipendenti.
In tale scenario, considerando anche la riduzione di potenziali lavoratori prevista nei prossimi anni per il calo demografico, investire nei percorsi di studio universitario è certamente fondamentale per garantire la crescita del Paese e far fronte ai problemi di mismatch tra domanda e offerta di capitale umano qualificato. In tal senso osservare l’evoluzione della domanda, i nuovi trend del mercato del lavoro e attuare politiche per attrarre e trattenere i talenti, rappresenta una delle sfide fondamentali per il futuro del nostro Paese.
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