Erasmo da Rotterdam è stato un presbitero, teologo, umanista filosofo e saggista olandese che firmò i suoi scritti con lo pseudonimo di “Desiderius Erasmus”. La sua opera più conosciuta è, certamente, l’Elogio della follia, ed è considerato il maggiore esponente del movimento dell’Umanesimo cristiano. Questo almeno secondo la preziosa fonte di Wikipedia.



L’Unione europea ha dedicato a questo studioso il suo principale, e più famoso, programma di mobilità studentesca, nato il 15 giugno 1987, denominato, appunto, Erasmus, quale acronimo di “European Region Action Scheme for the Mobility of University Students”. Questo dà la possibilità a uno studente europeo di effettuare in una scuola di un altro Stato europeo un periodo di studio legalmente riconosciuto dalla propria scuola. Dal 2014, il programma ha assunto, quindi, il nome di Erasmus+ per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport.



Se si guarda poi ai numeri dei ragazzi coinvolti, almeno sulla base di un’indagine condotta dall’Agenzia Nazionale Erasmus+ sui partecipanti alle esperienze di mobilità della precedente programmazione, emerge che il 40% dei giovani che hanno partecipato a tali esperienze ha avuto l’opportunità di lavorare all’estero, il 57% si è convinto grazie all’esperienza a proseguire gli studi e il 35% ha trovato un lavoro adeguato al proprio profilo.

Con riferimento al nostro Paese, nell’attuale fase di programmazione sono già oltre 19 mila i partecipanti alle esperienze di mobilità realizzate dal 2021. I partecipanti sono, perlopiù, ragazzi tra i 15 e i 19 anni, provenienti da tutte le regioni italiane, in particolare da Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia. Il loro numero sembra, inoltre, destinato ad aumentare, visto che nei progetti finanziati fino al 2023 il numero complessivo dei partecipanti previsti è di circa 34 mila.



Le destinazioni più ambite sono Spagna, Irlanda e Malta, seguite da Francia e Germania. Allo stesso tempo emerge che l’Italia, come Paese ospitante, è la seconda destinazione più apprezzata delle esperienze di mobilità Erasmus+ del settore istruzione e formazione professionale, dopo la Spagna e prima di Irlanda e Portogallo.

Una generazione, insomma, quella “Erasmus” che ha interiorizzato il valore del viaggiare in Europa come opportunità di sviluppo delle proprie competenze sociali, trasversali e professionali. L’esperienza, infatti, da un lato si rivela efficace per acquisire competenze professionali specifiche, immediatamente spendibili nel mercato del lavoro. Dall’altro consente, tuttavia, anche lo sviluppo di soft skill, come l’abilità di lavorare in gruppo, il pensiero creativo, la capacità di risolvere i problemi, la capacità di approcci internazionali e multiculturali, caratteristiche queste sempre più spesso ricercate dai datori di lavoro per far fronte ad un’economia sempre più globalizzata e in rapido mutamento.

L’Europa, insomma, sa essere, se e quando vuole, anche una speranza per i suoi giovani, un’idea di futuro, sviluppo e di coesistenza pacifica tra ragazzi provenienti da Paesi, e contesti socio-economici e culturali, anche profondamente diversi.

Viene, quindi, da chiedersi, parafrasando un vecchio slogan elettorale, se più che su incentivi burocratici fatti di circolari, modelli e procedura non sarebbe più opportuno investire in maniera significativa per avere “Più Erasmus per tutti” per sempre più giovani italiani ma anche per tanti loro coetanei che, magari, studiando, e vivendo, nel nostro Paese potrebbero decidere di mettere  le loro capacità, competenze, ma anche i loro sogni e le loro ambizioni, al servizio, e a disposizione, della nostra Italia.

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