I servizi per il lavoro sono ancora una volta sotto schiaffo, in Italia, per la resistenza messa in atto dai tanti che impediscono di superare l’ideologia del lavoro a tempo indeterminato sempre e comunque, dell’arroccamento vetero-sindacale, dell’uso strumentale dei dati sulle assunzioni e le dinamiche del mercato. Troppo spesso si addossa all’iniziativa legislativa voluta dal giuslavorista bolognese una serie di responsabilità negative fino a teorizzare, nella legge Biagi, l’origine di una precarietà che ha le sue radici in altri anni e in dinamiche economiche in atto da molto più tempo. Certamente quello della precarietà è un tema che interessa da vicino milioni di lavoratori, ma non si può non ricordare che questi ultimi sarebbero ancora più in difficoltà al di fuori del contesto normativo che grazie all’impegno del professor Biagi è oggi un punto di riferimento per imprese e lavoratori.

Il Paese deve fare i conti con il gap accumulato in termini di conoscenza e di competitività. Per questo abbiamo dato il via a un confronto ad ampio raggio con gli esponenti più attivi del mondo del lavoro, imprenditori, economisti e docenti, per arrivare a definire la via lombarda al mercato del lavoro.

La legge Biagi è una buona legge perché ha spinto il Paese nella giusta direzione: non solo non ha aggiunto precarietà – come qualcuno vorrebbe far credere – ma ha aumentato le tutele là dove non c’erano, allargando la fascia di uomini e donne che sono stati messi in condizione di lavorare. Dobbiamo superare l’idea che i cambiamenti in atto nel mercato del lavoro debbano essere vissuti come un’imposizione e non piuttosto come un’occasione di crescita per il Paese. Facendo leva sulla flessibilità senza bypassare il tema delle tutele, in Lombardia abbiamo dato il via a una nuova legge che declina le priorità individuare da Marco Biagi adattandole al tessuto economico e sociale della regione più produttiva d’Italia. Con molto pragmatismo abbiamo lasciato ad altri la querelle sulla bontà o meno della riforma, scegliendo di applicarla per valutarla alla luce dei risultati raggiunti. E i numeri parlano chiaro: il tasso di occupazione è in continua crescita, mentre la disoccupazione è diminuita di oltre due punti percentuali tra il secondo semestre 2003 e il primo semestre 2007.

Per garantire la libertà di scelta e premiare chi è in grado di erogare in tempi rapidi e con efficienza i servizi per l’inserimento lavorativo, occorre liberalizzare profondamente questo settore. Regione Lombardia sta definendo un nuovo ruolo del soggetto pubblico, legando l’offerta di posti di lavoro con una formazione adeguata. Solo così potremo bruciare i tempi tra la richiesta dell’impresa e la capacità del lavoratore di entrare nel mercato del lavoro con la professionalità necessaria.

I cardini della riforma lombarda sono dunque da ricercare nella possibilità di affiancare più soggetti capaci di erogare efficacemente e gratuitamente servizi per il lavoro, nella definizione di incentivi per i laureati ancora in cerca di lavoro perché si specializzino in ricerca e innovazione. Per garantire efficienza ed equità, abbiamo voluto creare la figura innovativa del “valutatore indipendente”, che sarà chiamata a verificare il buon funzionamento di tutta la filiera dell’istruzione, della formazione e del lavoro. Ancora, uno specifico provvedimento all’interno della nostra legge consentirà ai lavoratori atipici di accedere con più facilità a prestiti bancari e ai mutui per acquistare la prima casa.

Grazie a questa legge potremo dare il via a un vero “mercato sociale del lavoro”, in cui tutti i soggetti avranno pari dignità e in cui i cittadini in cerca di lavoro potranno essere ancora più sostenuti nel risolvere i propri problemi.


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