Dopo queste ultime morti bianche si è riacceso il dibattito sulla sicurezza sul lavoro. Il ministro Sacconi ha proposto di rivedere la legge Damiano. Lei cosa ne pensa?

Il ministro Sacconi aveva già proposto, per la verità, di rivedere la legge Damiano. Credo che faccia bene a farlo e sarebbe sbagliato vedere in questo proposito di Sacconi una riduzione delle tutele, perchè – senza voler fare delle strumentalizzazioni – questa vicenda dimostra che gli infortuni sul lavoro sono un fenomeno molto complesso è non si può pensare di risolverlo con le sanzioni. Tutti i canoni a cui normalmente ci si affida nella questione degli infortuni in questo caso vengono meno: questi non erano lavoratori precari, non erano giovani in cerca di occupazione, erano dipendenti pubblici. Uno di questi era addirittura responsabile della sicurezza. Quindi sono indubbiamente fenomeni che chiedono risposte ben più complesse e credo che abbia fatto bene il ministro Sacconi a convocare le parti.

Sa dirci, a proposito, quali proposte ha fatto il ministro alla parti sociali?



Questo non glielo so dire. Credo che comunque le proposte, in base a quello che ha anticipato oggi alla conferenza di Confartigianato, siano innanzitutto quella di lanciare un piano nazionale sulla sicurezza incentrata sulla prevenzione, la contrattazione, la formazione. E poi il ministro intende coinvolgere le Regioni, che sono sostanzialmente le responsabili in prima persona della sanità e degli assistenti sanitari, cioè di coloro che hanno il compito della vigilanza. Ci sono provvedimenti interessanti che ha adottato la Regione Lombardia, stringendo patti con moltissime parti sociali.

Cosa pensa del bonus-malus sulle assicurazioni sul lavoro da concedere alle imprese che riescono a ridurre il numero degli infortuni?



Penso che siano una misura corretta. Io però ho una mia idea e cercherò di portarla avanti come posso. Cioè che le Asl non sono in condizioni di fare misure preventive del lavoro perchè le Asl – che hanno una cultura ospedaliera, ambulatoriale – anche dove funzionano, anche dove sono più qualificate e danno i migliori servizi al cittadino, ci accorgeremmo sicuramente che i funzionari che hanno una responsabilità adeguata per fare ispezioni sono molto pochi. Credo che si debba abbandonare la retorica della legge 883/1978, inadeguata a tutelare la salute della persona, e ripristinare un polo nazionale della sicurezza incardinato sull’Inail.

Lei si impegnerà per questo?



Sì. tra l’altro era una delle indicazioni data anche dal Comitato di Vigilanza degli Enti previdenziali nella passata legislatura.

Pensa che i sindacati saranno d’accordo con le proposte del ministro? Che cosa proporranno dal canto loro?

Credo che i sindacati dovrebbero fare un esame di coscienza. La contrattazione riguardante l’ambiente di lavoro è una delle funzioni primarie delle organizzazioni sindacali. Che in questi ultimi anni si sono messe sul tavolo del pubblico ministero, sul tavolo degli accusatori, rivendicando ispezioni che si sono rivelate impraticabili perchè non ci potrà mai essere un ispettore del lavoro per ognuna delle quattro milioni di imprese italiane. E poi ci vogliono una cultura molto forte delle parti sociali, comportamenti adeguati e misure più flessibili: se si vede un edile in regola, si penserà che sull’impalcatura c’è un palombaro. Bisogna poi avere una dimensione più precisa del fenomeno degli infortuni. Per esempio andrebbe ricordato che la metà degli infortuni – quantomeno il 40% – sono infortuni “in itinere”e quindi sono causati dal fattore traffico. In questo caso allora il problema è il traffico, che coinvolge tutti i cittadini. Inoltre va segnalato che la stragrande maggioranza di infortuni avviene nelle piccole e micro imprese, dove è meno presente il sindacato e dove quindi c’è meno tutela.