Nella manovra d’estate, che solleva diversi problemi, esistono in particolare due interventi arrivati in extremis che hanno creato forti preoccupazioni. Si tratta di una norma riguardante i contratti a termine e di un’altra che si occupa del cosiddetto “assegno sociale”, spettante a persone anziane prive di reddito.
Entrambe le norme risultano controverse per il merito, ma anzitutto per il metodo, essendo state prodotte in modo irrituale nel corso di una sessione notturna, senza una previa preparazione; cosa che ha facilitato, anche a detta di alcuni esponenti della maggioranza, la non completa comprensione e la distorsione dei contenuti delle norme. Tant’è vero che, in particolare sulla seconda, ma anche sulla prima, si sono manifestate intenzioni di ritirare le disposizioni.
La prima norma riguardante i contratti in corso può essere criticabile, ad esempio perché discrimina tra chi ha fatto causa e chi no, sollevando di fatto un’obiezione di incostituzionalità. Se si voleva venire incontro alla situazione particolare delle Poste sarebbe stato più corretto, come successo in passato, prevedere una disciplina che facesse leva sulla particolarità del settore, piuttosto che su questa distinzione tra chi ha fatto causa e chi non l’ha fatta.
Più grave è in ogni caso la seconda innovazione, perché riguarda anche il futuro di tutti i contratti a termine irregolarmente stabiliti per i due motivi che ho indicato (causali irregolari e proroga del termine irregolare). Ciò ha una conseguenza molto grave per i lavoratori, che si trovano con un contratto nullo. Il loro rapporto di lavoro può essere terminato senza nessuna formalità e in una situazione priva di tutela.
Una correzione sarebbe assolutamente necessaria, perché se si mantiene una norma del genere si nullifica una gran parte della normativa sul termine. L’effetto deterrente della conversione dei contratti irregolari viene meno, aprendo la strada a una “licenziabilità” senza motivo per migliaia e migliaia di persone. Oltretutto appare poco giustificabile stabilire la nullità per due vizi formali come l’errore di causale e la proroga irregolare, mentre invece si mantiene la conversione in contratto a tempo indeterminato per i contratti che continuano oltre i 36 mesi.
In conclusione, si tratta di due norme sbagliate per il contenuto, oltre che per il metodo. Le reazioni che si sono avute sono molto diffuse e preoccupate, per motivi diversi: perché la disposizione sull’assegno sociale aggrava le condizioni già precarie di centinaia di migliaia di persone povere, mentre quella relativa ai contratti a termine apre la strada a una deregolazione pericolosa di questo strumento così delicato che era stato faticosamente regolato varie volte, anche per accordo tra le parti sociali.
Da qui l’appello da parte dei partiti dell’opposizione, ma anche di molti componenti della maggioranza, oltre che dei sindacati, a che queste due normative vengano immediatamente ritirate.