Ritardi storici, inefficienza, infiltrazioni criminali, questi gli obiettivi nel mirino di Raffaele Bonanni, leader della Cisl, che invita a una mobilitazione diversa per questo autunno. Sindacati e imprenditori insieme, per cercare di sciogliere i nodi che non fanno volare l’economia italiana e farsi trovare pronti per la tanto attesa ripresa.
Il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, ha parlato di un prossimo “autunno caldo e difficile” e ha invitato alla mobilitazione. Lei ha invece proposto manifestazioni comuni che coinvolgano anche gli imprenditori per protestare contro i lacci che legano l’economia, le inefficienze e i cantieri che non aprono. Che autunno ci aspetta?
Dipenderà da tutti e dalle responsabilità che ognuno si prenderà. La situazione è quella di un anno fa: le aziende hanno meno commesse di quelle che servirebbero e sono in difficoltà di liquidità, d’altra parte il credito, salvo quello locale, non ha brillato per spirito di collaborazione. La tendenza generale è stata però quella di non licenziare, grazie soprattutto ai contratti di solidarietà che avevamo chiesto: restare nei posti di lavoro e mantenere la produzione.
Ma è possibile sostenere questa tendenza positiva di cui ha appena accennato?
Ora bisogna mettere a diposizione più soldi per gli ammortizzatori sociali in modo da far sapere a tutti che l’anno prossimo avranno un reddito, incentivare le imprese a reinvestire e aiutare chi non licenzia, aspettando la ripresa. E poi dobbiamo essere più virtuosi in tutta la Penisola, da Milano a Palermo, spendendo tutto ciò che possiamo già spendere, soprattutto nel campo delle infrastrutture e dell’energia.
La posizione delle differenti forze sindacali è molto diversa?
Io parlo solo della mia posizione ed è quella di un anno fa. Con chi dovrei prendermela se non con la crisi internazionale e con i nostri ritardi storici? Non voglio portare in piazza la gente ad abbaiare alla luna. Ci vuole un cambio di mentalità e di comportamenti.
Come è possibile?
Attraverso una mobilitazione comune torneremo a distinguere quali sono le realtà positive. Una mobilitazione non contro chicchessia, ma contro alcuni mali riconosciuti: i ritardi, le infiltrazioni criminali, i conformismi. Tutto ciò che ha bloccato l’Italia in tutti questi anni e che la crisi non fa altro che evidenziare.
Sicuramente sceglieremo alcuni luoghi simbolici, come Siracusa, Civitavecchia, Porto Tolle… Vedremo.
Non teme di essere accusato di confondere i “responsabili” con le “vittime”?
Assolutamente no. Proprio lavorando assieme si evidenziano le responsabilità di chi non vuol cambiare atteggiamento. Questo riguarda sia il Governo, sia chi vuole protestare e ha come unico fine la protesta. Una cooperazione positiva mette in luce le realtà migliori.
Che giudizio si è fatto della manovra del governo per fronteggiare la crisi e la moratoria sul credito?
Le iniziative che spingono le imprese a reinvestire i propri utili e a non licenziare sono positive, è quello che avevamo proposto e che il governo ha accettato. Sul credito occorre fare luce, non mi è molto chiaro il ruolo delle delle grandi banche.
In questi giorni ha dichiarato di non credere all’ipotesi delle gabbie salariali. Accertato che il costo della vita è più basso al Sud, cosa si può fare perché questa situazione non danneggi il Nord e favorisca il Sud?
Se pensassimo davvero di stabilire i salari per legge sarebbe un ritorno all’Unione Sovietica, scavalcando le parti sociali proprio dopo aver definito il nuovo impianto contrattuale che dà forza alla contrattazione locale e aziendale. Non è una proposta seria.
Marcello Veneziani sul nostro giornale ha manifestato la sua perplessità riguardo all’ipotesi di un partito del Sud. Anche lei si è dichiarato contrario per il timore che diventi il partito della spesa pubblica. Di fatto il tema del Sud è all’ordine del giorno. Secondo lei si giungerà a decisioni concrete e utili per il Mezzogiorno?
Non so se si prenderanno decisioni concrete. Sicuramente sono rimasto molto deluso dalla sceneggiata di settimana scorsa. Il Sud ha bisogno di grande trasparenza. Quando si capirà meglio cosa si ha intenzione di fare darò il mio giudizio. Oggi non c’è chiarezza.
Sull’ipotesi di una Cassa per il Mezzogiorno è stato possibilista. Non è la riproposizione di un esperimento poco felice? Che benefici può invece portare la Banca del Sud per lmprese e famiglie? Che risultati può ottenere?
Quando sarà chiaro cosa si intende fare spiegherò la mia posizione. Non voglio prendere parte anch’io alla sceneggiata.
Riguardo alla Banca del Sud, se è vero che si partirà dai piccoli istituti di credito dico che è una scelta giusta.
Vuole forse dire che il problema sono le grandi banche?
Le grandi banche hanno sfasciato il sistema creditizio meridionale e, a proposito di gabbie salariali, fanno costare il credito addirittura più che al Nord. Invece, le piccole banche, cooperative e popolari, si stanno comportando responsabilmente. Non soltanto per lo spirito che le ha fondate, ma anche perché sono dentro la comunità.
Più volte ha dichiarato che al Sud il problema non sono i fondi erogati, ma la trasparenza e ha auspicato l’intervento di tecnici competenti che portino a termine le opere, sciogliendo i lacci che bloccano i lavori. Quali sono i “lacci” su cui iniziare a lavorare?
Il “laccio” principale è la commistione tra gestione e decisione. Io propongo dei commissariamenti. Il commissario riassume i poteri e punta dritto al progetto predefinito. Ciò significa semplificazione, efficacia e trasparenza. Affidandosi a un singolo tecnico si ottengono due risultati: si porta a termine il progetto e si ripristina il buon senso.
Ci spieghi meglio cosa vuole dire?
Per intenderci, al Sud più che al Nord la politica a livello regionale ha poteri esclusivi e la sanità, purtroppo, rappresenta una delle pochissime attività economiche. Di conseguenza chi vince le elezioni gestisce vere e proprie imprese. Dato che la verticalizzazione del potere dell’ultimo ventennio ha distrutto partecipazione e controllo popolare, si sono verificate degenerazioni, cattiva gestione e criminalità.
Come si rompe questo meccanismo?
Ripristinando la partecipazione e “limitando” la politica che deve pensare a indirizzare e controllare assieme a organi collegiali. La gestione diretta, quindi, va tolta alla politica e affidata ai tecnici.
Qual è la sua posizione su quanto sta accadendo alla Innse a Milano?
È un’azienda che come tante altre in questo periodo di crisi ha avuto difficoltà. Spero che si arrivi a una soluzione, che però dia garanzie per il futuro, che ci faccia stare tranquilli il mese successivo, l’anno successivo, il decennio successivo…
(di Carlo Melato)