In un momento molto particolare per il suo sindacato, finito nel mirino di contestazioni e aggressioni ingiustificabili, Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, è sceso sabato in piazza a Roma per manifestare in favore di una riforma fiscale. Una proposta nata e portata avanti insieme alla Uil, culminata proprio con l’appuntamento dell’altro ieri dal titolo “Meno fisco per il lavoro, più lavoro per l’Italia”.



Circa 100.000 le persone presenti nella piazza che Bonanni ha definito “straordinaria”. Mancava la Cgil, ma per il leader della Cisl era presente “l’Italia della responsabilità”, in una manifestazione che è stato “il modo migliore per rifiutare i violenti e metterli all’angolo”.

L’appuntamento, ci spiega Bonanni, oltre a chiedere la riduzione delle tasse a lavoratori e pensionati, voleva promuovere “un accordo di cooperazione tra sindacati, imprenditori, governo centrale e governi locali, per contribuire in maniera decisiva al rilancio della domanda interna e dei consumi e far tornare a crescere la nostra economia. Realizzare un piano di riforme globali che riguardano il sistema fiscale, la pubblica amministrazione, la formazione e la ricerca: queste sono le tre grandi sfide sulle quali ci giochiamo tutto. Ne siamo fortemente convinti”.



Perché sono così importanti questi tre interventi?

Perché solo con un sistema fiscale equo che non penalizza il lavoro potremo dare impulso all’economia e trovare le risorse per gli investimenti. Solo se la pubblica amministrazione tornerà a essere al servizio dei cittadini e delle imprese e non la sede di ruberie, sprechi e inefficienze, ci sarà vera coesione sociale. Solo puntando sull’innovazione e sulla ricerca, potenzieremo i settori che possono fare la differenza in un sistema oggi globalizzato.

Sabato lei ha dato una sorta di “ultimatum” al Governo. Eppure di interventi sulle tasse ha parlato anche Berlusconi nei suoi famosi cinque punti su cui ha chiesto e ottenuto la fiducia parlamentare. È una proposta che vi soddisfa?



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Di certo ci fa piacere che qualcosa finalmente cominci a smuoversi. Era ora. Ma saremo soddisfatti solo quando si passerà dalle parole ai fatti. La soddisfazione infatti nasce dall’effettiva realizzazione di un progetto. Per questo chiediamo all’esecutivo un incontro per discutere in primis su come ridurre le tasse a lavoratori e pensionati, mettendo al centro la famiglia e poi per predisporre insieme un piano per stimolare gli investimenti italiani e stranieri attraverso misure che le parti stesse dovranno concordare tra di loro, la cui attuazione dipenderà dalle istituzioni centrali e locali. L’incontro sarà la cartina di tornasole per capire se è in atto una discussione tutta dentro il ceto politico oppure c’è la consapevolezza che bisogna fare di più. Il governo va messo alla prova. Noi adesso valuteremo solo la volontà vera di affrontare il tema della crescita e dello sviluppo. L’esecutivo si è messo in gioco, vediamo cosa farà nel concreto. Ora è tempo che agisca concretamente senza se e senza ma.

 

Qualcuno potrebbe farvi notare che in un momento come quello attuale, dove cresce la disoccupazione, bisognerebbe scendere in piazza per chi non ha lavoro, piuttosto che per le tasse. Come risponderebbe?

 

Il patto sociale che prevediamo, e che è stato alla base della manifestazione di sabato, serve proprio a difendere l’occupazione, il reinserimento di tanti lavoratori nel mercato del lavoro, nuovi investimenti. Quel che chiediamo all’esecutivo è di mettere al primo posto in agenda il rilancio dell’occupazione per giovani e donne soprattutto al Sud, in quanto il protrarsi di misure urgenti e necessarie per il sistema paese è diventato adesso insostenibile.

 

A proposito del Sud, terra segnata da gravi problemi come la disoccupazione, lei ha detto che può essere la California d’Europa. Come?

 

Favorendo coesione sociale, rinnovamento della classe dirigente, inclusione di giovani e donne nel mercato del lavoro, lotta agli sprechi, alle ingiustizie e alle inefficienze, sviluppo industriale, potenziamento delle infrastrutture. Il tutto attraverso investimenti mirati, attenti e ragionati. Ma bisogna evitare che le risorse pubbliche erogate vadano sprecate e si ritorni così al punto di partenza. Ecco perché occorre verificare in che modo esse vengano utilizzate, chi sovraintenda alle spese e quale reale controllo venga effettuato. Servono “regole draconiane”‘. Solo così si potrà verificare l’operato responsabile di tutti i soggetti, in base alle proprie competenze e attitudini, ottenere una concreta moralizzazione della vita pubblica, sconfiggere il ricatto malavitoso, la corruzione e il clientelismo.

 

La Fim ha siglato un accordo con Federmeccanica per le deroghe contrattuali. Pensate dunque che questa strada si possa percorrere in Italia al di là di Pomigliano?

 

L’accordo siglato a Pomigliano rappresenta un primo passo decisivo per il progetto Fabbrica Italia. Lo abbiamo fatto per salvare tanti posti di lavoro in una zona dove quella fabbrica rappresenta una delle poche opportunità di sviluppo. Pomigliano è stato di certo un ottimo “apripista”. Ora dobbiamo andare avanti. Da lì, infatti, è partito un nuovo sistema di flessibilità che porterà aumenti salariali e nuove opportunità di lavoro. Dobbiamo favorire altri accordi specifici che varieranno da situazione a situazione con l’obiettivo di salvaguardare l’occupazione e favorire nuovi investimenti.

 

Come risponde a chi considera quell’accordo uno “strappo” alla democrazia?

 

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L’unico strappo lo hanno fatto quelli che non hanno firmato quell’accordo. Non è stato toccato nessun diritto individuale o collettivo. Non dimentichiamo che anche dal punto di vista salariale i lavoratori guadagneranno circa 4000 mila euro lordi in più all’anno. La vicenda è poi di sicuro un segnale positivo di fiducia nei confronti del Mezzogiorno, la migliore risposta a una politica che si divide e fa fatica a cogliere gli interessi nazionali. Una svolta che, senza enfasi, si può definire “storica” sia per le relazioni industriali, sia per tutta l’economia italiana. L’avvio su Pomigliano, infatti, consentirà anche lo sblocco del piano complessivo della Fiat sugli altri stabilimenti italiani, finalizzato all’incremento delle produzioni e alla stabilizzazione dell’occupazione. Anche sul piano internazionale è una iniezione di fiducia per tutto il Made in Italy. Ecco perché spero che altre imprese seguano l’esempio della Fiat riportando le produzioni in Italia, sfidando i profeti di sventura, le chiusure ideologiche e politiche di una minoranza rissosa che pensa di poter risollevare le sorti del nostro paese solo con le chiacchiere.

 

Lunedì scorso in un incontro con Sacconi si è parlato dello “Statuto dei lavori”, che andrà probabilmente a sostituire lo Statuto dei lavoratori. Siete favorevoli a questo progetto di riforma? Dove sperate possa portare?

 

Per noi, a quarant’anni dall’adozione dello Statuto dei Lavoratori, la risposta per la tutela dei nuovi lavori è lo Statuto dei Lavori, un’idea di Marco Biagi cui siamo stati fin da subito favorevoli. Non si tratta certamente, come vorrebbero alcuni detrattori e confusionari di professione, di abolire lo Statuto dei Lavoratori, ma di completarlo, integrarlo e adeguarlo a una realtà produttiva e del mercato del lavoro profondamente cambiata. Si tratta di fare avanzare quella tutela attiva del lavoratore per l’occupabilità, come si è delineata, per il grande impegno della Cisl contro ogni conservatorismo e radicalismo sindacale e politico, con un ruolo forte della contrattazione e della bilateralità e di reali politiche di formazione. Su questo capitolo sarà necessario un confronto tra le parti, interpretando i cambiamenti e i fattori che incidono sull’idea di un nuovo stato sociale.

 

La Cgil a Genova ha dato un segnale di apertura importante per un ritorno alle “trattative”. Basterà a far tornare il sereno tra i sindacati, considerando le divergenze su Pomigliano, sulle deroghe e gli attacchi cui sono state sottoposte le vostre sedi?

 

La situazione è molto delicata. La Fiom di certo non aiuta, anzi, contribuisce a rendere tutto più difficile. Siamo molto preoccupati dagli episodi di intolleranza e di aggressione nei nostri confronti. Non esiste alcuna giustificazione nei confronti di chi vuole delegittimare l’azione di un sindacato libero e autonomo come la Cisl con i metodi dello squadrismo. L’unica cosa che possiamo fare a questo punto è invitare la Cgil ad assumere tutti quei provvedimenti previsti dagli statuti sindacali per evitare il ripetersi di tali azioni, prendendo le distanze, senza se e senza ma, da tutti coloro che vogliono trasformare in una pericolosa escalation di violenza il confronto e l’attività libera e democratica delle organizzazioni sindacali nel nostro paese.

 

Ci sono tante vertenze in corso, come ad esempio quella di Fincantieri. Dobbiamo aspettarci un autunno caldo?

 

Se tutti – sindacati, imprese, governo centrale e governi locali – ci assumeremo le nostre responsabilità, cooperando insieme per il bene dei lavoratori, senz’altro il clima sarà più sereno. Questo è quello che abbiamo anche detto con la nostra manifestazione. Durante la crisi le parti sociali hanno lavorato molto bene insieme, dobbiamo continuare su questa strada.

 

(Lorenzo Torrisi)

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