“I sistemi di istruzione e formazione devono adattarsi ai bisogni individuali predisponendo piani di studio personalizzati, rafforzare l’integrazione con il mercato del lavoro, rendere trasparenti e mobili le qualifiche, migliorare il riconoscimento dell’apprendimento non-formale e anche di quello informale, consentire l’acquisizione di professionalità realmente spendibili, educare i giovani ad affrontare con senso critico la realtà che li circonda” (Italia 2020 – Piano di azione per l’occupabilità dei giovani attraverso l’integrazione tra apprendimento e lavoro – M.S. Gelmini, M. Sacconi – 16 giugno 2010).
In Italia il fenomeno della dispersione scolastica è in continua crescita, a oggi si parla di almeno 126.000 ragazzi di età compresa tra i 14 e i 17 anni. Il fenomeno è esponenzialmente in crescita e spesso sfocia in varie forme di sfruttamento della manodopera minorile, retribuita attraverso contratti irregolari o in nero.
Un approccio al problema non può, quindi, che partire da un buon orientamento. Quando una persona viene coinvolta in un processo di orientamento è necessario tenere conto di numerosi e molteplici aspetti che, in funzione della definizione di percorsi formativi e/o lavorativi, lo aiutino a sviluppare un proprio progetto personale. La persona deve perciò essere messa al centro e questo è ancora più necessario quando i soggetti che devono essere orientati/accompagnati in un proprio percorso sono giovani. Le attività di orientamento hanno l’obiettivo di aiutare le persone a costruire percorsi pienamente soddisfacenti in ambito formativo e professionale.
Particolare attenzione va posta nel definire percorsi efficaci di orientamento per quei soggetti che per età (giovani), per storia personale (esperienze disfunzionali connotate da ripetuti fallimenti), per ridotte capacità (disabilità), si trovano in condizioni di maggior fragilità personale. Il concetto di orientamento ha preso sempre più una forma dinamica, una logica di processo, dove il momento della scelta si ripete e va costantemente o frequentemente confermato e, come spesso succede, riadattato verso l’esterno, a seconda delle opportunità, per la costruzione di un percorso basato su capacità, interessi e motivazioni. Si tratta, cioè, di operare una sintesi efficace fra le caratteristiche della persona (es. attitudini, interessi, esperienze, conoscenze, capacità, ecc.) e il contesto di riferimento: ambientale, economico, normativo.
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Entrare in contatto, a diversi livelli, con un soggetto che porta una richiesta di aiuto per sviluppare un proprio percorso di orientamento, significa predisporsi a una azione che lo porti a scoprire le proprie attitudini, i propri interessi, le competenze acquisite, a ricevere informazioni che permettano la comprensione non solo delle caratteristiche del mondo della Formazione e del Lavoro, ma le effettive opportunità e la spendibilità delle proprie risorse. Ugualmente, significa comprendere quali distanze separino i realistici obiettivi della persona e le sue effettive capacità. Questo è un processo necessario per poter definire successivamente quali percorsi formativi ricercare e intraprendere.
La Provincia di Milano attraverso l’assessorato assessorato Sviluppo economico, Formazione professionale e Lavoro, ha deciso di investire più di 3 milioni di euro nel proprio “Piano Provinciale per l’Orientamento”, un’esperienza che va ad attraversare le diverse istanze e situazioni che intersecano la vita scolastica e professionale delle persone. Mantenere al centro la persona, valorizzando le sue capacità e intervenendo sulle fragilità scolastiche e lavorative, significa fare una proposta progettuale che copra i possibili bisogni a 360 gradi. Il Piano Provinciale dell’Orientamento, concordato con la Regione Lombardia, è operativo con i diversi dispositivi, da settembre e si attuerà negli Anni Formativi 2010/2011 e 2011/2012.
Gli assi principali del Piano sono: a) Contrasto alla dispersione scolastica e lavorativa e sostegno al reinserimento; b) Sviluppo di percorsi di stage di eccellenza all’estero per studenti che stanno terminando con successo il IV anno nei diversi settori professionali; c) Sperimentazione di azioni di riconoscimento e di certificazione di competenze, come previsto dalla Legge Regionale (art 10 l.r. 19/07), con particolare riferimento all’uso del portfolio delle competenze personali; d) Individuazione di realtà sul territorio provinciale che abbiano capacità di attuare servizi di orientamento secondo i più evoluti standard di livello internazionale; e) Sviluppo di percorsi orientativi di eccellenza, “Dalla Formazione al Lavoro” con l’utilizzo di strumenti innovativi, destinato a diplomati e laureati (l.r. 19/07); f) Supporto al sistema unitario di Istruzione e Formazione: attività di orientamento nelle scuole con il Settore Istruzione – Sportelli di Orientamento Scolastico sul territorio della provincia di Milano; g) Stimolazione di competenze sociali attraverso attività di volontariato.
Un’attenzione particolare per l’asse a) è d’obbligo, in quanto altro non è che la prima vera sperimentazione in Italia dell’apprendistato per l’esercizio del diritto-dovere di istruzione e formazione (il c.d. apprendistato di primo livello), regolato dall’art. 48 del d.lgs. n. 276/2003. L’intesa tra Ministero del lavoro, Ministro dell’istruzione e Regione Lombardia, firmata il 27 settembre 2010, darà vita grazie a questa prima sperimentazione attuata dalla Provincia di Milano a nuove opportunità per i giovani che, vivendo con disagio la scuola tradizionale, la abbandonano senza conseguire alcuna qualifica o titolo di studio. L’apprendistato è una opportunità anche per le imprese, che hanno la possibilità di contribuire fortemente alla formazione di giovani con competenze coerenti con le esigenze del sistema produttivo e dunque in grado di spendere le proprie competenze nel mercato del lavoro.
L’apprendistato di primo livello trova applicazione in tutti i settori di attività, con esclusione (al pari delle altre tipologie di apprendistato della legge Biagi) della pubblica amministrazione ed è finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale ai sensi dell’art. 15 del d.lgs. n. 226/2005 di attuazione della legge Moratti. Non un semplice contratto di lavoro, caratterizzato da una finalità formativa e professionalizzante, ma un vero e proprio percorso del sistema educativo di istruzione e formazione finalizzato al conseguimento di un titolo di studio e precisamente una qualifica professionale triennale secondo la previsione dell’art. 15 del d.lgs. n. 226/2005, attuativo della legge Moratti, ed eventualmente anche una qualifica valevole a fini contrattuali
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L’intesa fa seguito al contenuto delle linee guida per la formazione del 17 febbraio 2010 che aveva come obiettivo quello di garantire un percorso di formazione agli apprendisti. In quella occasione i firmatari (Governo, Regioni, Province autonome e parti sociali) già avevano sollecitato il rilancio dei contratti di apprendistato in tutte le sue tre tipologie: a) professionalizzante, b) per l’esercizio del diritto-dovere di istruzione e formazione, c) di alta formazione universitaria.
La durata del contratto, e del relativo percorso formativo, viene determinata in base alla qualifica da conseguire, al titolo di studio, ai crediti professionali e formativi acquisiti, al bilancio delle competenze realizzato dai servizi pubblici per l’impiego o dai soggetti privati accreditati, mediante l’accertamento dei crediti formativi definiti in base alla legge Moratti.
In coerenza con la finalità di questa tipologia contrattuale, vera e propria esperienza scolastica in assetto di lavoro, la durata del monte ore formativo è pari, di regola, a 400 ore di formazione annue, interne o esterne alla azienda, che saranno certificate dalle istituzioni regionali competenti anche per il tramite degli enti bilaterali. Ben più dunque delle 120 ore previste per l’apprendistato professionalizzante, e delle 240 ore di formazione previste dalla legge Treu.
In conclusione, l’intesa sull’apprendistato di primo livello, è un primo passo per dare attuazione a un istituto, nato per rispondere a precise esigenze: l’obiettivo che persegue il legislatore è consentire e, anzi, sostenere l’apprendimento attraverso un’attività di lavoro formativa, nella convinzione che il lavoro abbia in sé anche una valenza educativa e formativa. L’attività lavorativa, per questo motivo, viene inserita in percorsi di istruzione e formazione professionale di qualità e coerenti con le esigenze del sistema produttivo.
La Lombardia e la Provincia di Milano saranno, dunque, la prima regione e la prima provincia in Italia (oltre al caso della provincia autonoma di Bolzano) a dare senso e significato a quella buona formazione fondata sulla alternanza scuola lavoro, contribuendo così a diffondere e manifestare la valenza della loro integrazione.