Non è insolito, viaggiando per l’Europa, trovare sugli edifici medioevali, sui portali delle cattedrali come a Chartres, sul Campanile come a Firenze o sulle fontane come a Perugia, dei grandi cicli scultorei dedicati al lavoro. Gli uomini del Medioevo erano consapevoli di una cosa che noi moderni abbiamo dimenticato: che l’idea di lavoro che ha fatto grande l’Europa nasce dalla tradizione giudaico-cristiana e il mondo prima di Cristo e fuori di Cristo non la conosce.
Nel mondo classico, il lavoro manuale era l’attività degli schiavi: era nell’ozio la libertà umana, come scriveva ancora il grande Seneca. Cinque secoli dopo, nella Regola di San Benedetto, troviamo rovesciata tale concezione: L’ozio è nemico dell’anima, perciò i monaci devono dedicarsi al lavoro in determinate ore. Il lavoro è la prosecuzione della preghiera, salvando la statura intera dell’uomo fatto a immagine del Creatore e da lui chiamato a collaborare al creato: ora et labora.
Tale concezione del lavoro, diffusa dai monasteri benedettini in un mondo devastato dalle invasioni barbariche, segnerà la nascita dell’Europa, questo strano continente creato non dalla geografia – geograficamente infatti l’Europa è una penisola dell’Asia -, ma dalla storia. È questa idea del lavoro, che rende il tempo storia e trasfigura la terra, che ha permesso all’Europa di conquistare il mondo. Ed è questa che oggi è in crisi, rendendo più profondamente drammatico il momento di difficoltà economica che stiamo attraversando.
Lo scorso anno, domandando ai miei allievi di una classe terminale di un Istituto Professionale, cosa, secondo loro, fosse il lavoro, sono rimasta colpitissima dal fatto che la risposta di tutti, italiani ed extracomunitari, fosse sostanzialmente questa: “È quella cosa che purtroppo bisogna fare per portare a casa il pane”. “Questa – ho detto loro – è la concezione del lavoro degli schiavi. Se uno lavora così, fa finta di lavorare, perché quello che fa non c’entra con sé. Cosi, lavorando per il ‘padrone’, (ma così si lavora senza testa, quando il padrone guarda), non si realizza sé e non si dà alcun contributo all’azienda o alla società. Il lavoro invece è la strada per il proprio compimento umano, di cui il portare a casa il pane è un aspetto fondamentale, ma non esaustivo”. È urgente rieducare a questa idea di lavoro, sennò saremo inevitabilmente destinati a soccombere a mondi che hanno culture del lavoro diverse dalle nostre.
Nel Medioevo lo sapevano bene e con l’evocazione potente dell’arte, lo richiamavano come concezione al popolo e come compito ai governanti. Nel Palazzo Pubblico di Siena, Ambrogio Lorenzetti ha affrescato la sala in cui si riuniva il governo della città: il pittore ha dipinto la sua concezione di una politica dettata dal bene comune, il cui primo effetto è una vita sociale che incoraggia la libera creatività personale. Infatti l’effetto del Buon Governo, è un mondo in pace, dominato dalla bellissima figura di Securitas, la sicurezza, che mostra un’iscrizione che inizia così: Senza paura ogni uom franco cammini/ e lavorando semini ciascuno…”. Sulla parete opposta c’è il Mal Governo, che è quello che nasce quando la politica, invece di servire il bene comune, alimenta se stessa. Il primo effetto è un mondo in cui non si lavora più e la violenza è la cifra di ogni rapporto con le persone e con le cose.
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Alcuni mesi fa, mi sono imbattuta in una storia molto potente come evocazione simbolica. Il 23 gennaio 1944 un violento bombardamento alleato su Siena rase al suolo la Basilica dell’Ossevanza. Sull’altare principale della chiesa, c’era un bellissimo Crocifisso, di cui erano ignoti autore ed epoca, che fu letteralmente polverizzato. Tra le macerie i frati ne trovarono miracolosamente intatta la testa, ma la sorpresa fu trovarvi dentro una pergamena con un testo autografo dell’autore dell’opera, Lando di Pietro. In essa l’artista, oltre ad appuntare la data di realizzazione del Crocifisso – gennaio 1337, lo stesso anno in cui Lorenzetti dipinge la Sala dei Nove -, ci ha lasciato una lunga preghiera rivolta alla Madonna e ai santi, perché affidino a Dio il suo destino, quello della sua famiglia e di tutta l’umana generazione.
Ecco, noi siamo figli di uomini che “nascondevano” in quello che facevano il loro ideale, il desiderio di felicità della loro vita, di quella dei loro familiari e di tutto il mondo. È da uomini come Lando che è nata la Siena che Lorenzetti ha dipinto e che attira ancora milioni di visitatori nelle sue mura e nelle sue campagne. È da uomini che vivono così che rinasce una creatività che può vincere la crisi e una convivenza tesa al bene comune. Ce ne sono, il compito è aiutarli.