State pensando di venire a fare business in Cina? Vi state chiedendo com’è la Cina? Beh, secondo la mia esperienza non c’è una risposta, o meglio non ce n’è una sola, perché non c’è una sola Cina ma molte “Cine”.
La Cina è un paese ricco di contraddizioni, tradizione e innovazione, ricchezza e povertà, sviluppo e arretratezza. Qualcuno dirà: “Dov’è la stranezza? Ci sono molti Paesi così”. Ma in quante nazioni si può trovare un cliente che ti chiede 12.000 lavoratori temporanei e 2.300 ingegneri? In quale Paese le fabbriche hanno dormitori da 16.000 posti letto (la cittadina dove vivo in Italia, Casalpusterlengo, ha 15.000 abitanti)? In quale Paese ci sono norme contrattuali, salariali e contributive diverse per ogni regione e municipalità, ma anche un governo fortemente accentratore e centralizzato?
Per chi volesse approcciare la Cina come business o come ricerca di personale il mio consiglio è di non improvvisare in stile fai da te, ma di prepararsi bene e almeno in una fase iniziale affidarsi a partner esperti e affidabili. La complessità normativa quindi non è da sottovalutare, ma la vera difficoltà sta nella complessità culturale e di relazioni.
I cinesi raramente fanno domande, è cattiva “mian zi” (reputazione) ed è quindi molto difficile intuire se hanno capito ciò che gli si è spiegato. I cinesi non parlano quasi mai direttamente, ma fanno lunghi giri intorno al punto chiave, e guai a essere diretti, si passa per scortesi. Tutte le decisioni e gli affari si discutono a cena, o meglio dopo cena, ed è importantissimo sedersi al posto giusto e brindare con le persone giuste (gam bei!).
Le relazioni (guan xi) sono fondamentali, senza non si va da nessuna parte. Mai rimproverare una persona se ci sono dei suoi subalterni nella stessa stanza e guai a raccomandare una persona che poi si rivela non all’altezza: la colpa passa direttamente allo sponsor.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, la maggiore contraddizione è l’enorme e perenne richiesta di manodopera opposta alla difficoltà di reclutare e trattenere i lavoratori. Ci sono molti fattori che determinano questo problema, alcuni a mio avviso sistemici, altri culturali, ma la causa principale è senza dubbio la scarsa maturità di questo mercato.
La legge che regolamenta il lavoro con contratti scritti obbligatori e chiari è nata solo nel 2008 (Labour Law), quindi moltissime persone non sanno nulla del mondo del lavoro e delle sue opportunità. A livello culturale, per molti lavoratori che vengono dalle provincie più povere, l’incontro con la vita di fabbrica e di città ha un forte impatto, e spesso dopo neanche un mese rinunciano e tornano a casa. I bassi salari e le pessime condizioni di lavoro in alcuni casi fanno il resto.
In Cina poi esistono piccole agenzie, che a differenza delle vere Agenzie per il Lavoro si fanno pagare dai candidati per farli accedere alle proposte di lavoro. Queste piccole realtà sono spesso il punto di partenza per i lavoratori migrati da altre provincie che si approcciano con la nuova città, e a volte si fanno pagare anche dalle agenzie in difficoltà col reclutamento; non lavorano direttamente con le aziende perché non sono in grado di effettuare un servizio completo di delivery dei lavoratori temporanei. Altre importanti realtà per il reperimento di manodopera sono le scuole, che ormai però vendono a peso d’oro i loro diplomati alle aziende, a volte con vere e proprie aste.
Nei prossimi anni occorrerà senza dubbio una campagna di sensibilizzazione su questi aspetti per fare in modo che un’economia che cresce del 10% annuo, con 1,3 miliardi di abitanti e la prospettiva di invecchiamento della popolazione dovuta alla politica del figlio unico, non si ritrovi “a corto di braccia” per continuare a crescere. Nel frattempo il governo cinese si sta muovendo nella direzione dell’unificazione normativa, partendo dalla Social Security (più o meno l’equivalente dei nostri contributi previdenziali) e dalle tasse.
Sarà interessante vedere se la forza lavoro sarà in grado di recepire il cambiamento e adattarsi o se sarà ancora più difficile reclutare, o ancora se il web recruiting potrà diventare uno strumento interessante e aprire nuovi scenari. La risposta probabilmente non sarà, come avrete ormai capito parlando di Cina, una sola.