La “questione” Fiat continua a scuotere i rapporti sindacali e minaccia di aggravare le tensioni. L’approvazione dell’accordo di Pomigliano da parte di una larga maggioranza di lavoratori e la successiva “ratifica” delle deroghe al contratto nazionale non sono bastate a chiudere il caso. E il negoziato a Mirafiori si presenta difficile.



La Fiom partecipa alle trattative, ma ribadisce il suo dissenso sia sul merito delle questioni (straordinari, pause, turni), sia sul punto delicato dei diritti sindacali. La Fiat si dichiara insoddisfatta, prospettando la sua possibile uscita dal sistema contrattuale e dalla Confindustria.

Per rispondere a queste pressioni, i contraenti nazionali Federmeccanica e Fim-Uilm-Fismic (esclusa la Fiom) sono orientati a definire norme specifiche per il settore auto che vengano incontro alle esigenze aziendali, ma che restino nell’ambito del contratto nazionale. La possibilità di norme specifiche, legata ai caratteri di un dato settore, è già prevista nel contratto dei metalmeccanici e ha precedenti in altre categorie.



Una simile opzione permetterebbe di dare soluzioni nuove alle questioni critiche poste dalla Fiat (organizzazione degli orari di lavoro, straordinari, pause, turni, ecc.) senza rompere il quadro nazionale e anche senza richiedere deroghe specifiche concordate di volta in volta. Si tratta di vedere se una simile innovazione è sufficiente per dare le risposte chieste dall’azienda. Questo non dovrebbe essere impossibile se si guarda al merito delle questioni che possono tutte essere risolte con le nuove regole.

Ma non è detto che queste risposte siano sufficienti se non si affronta il tema generale della esigibilità degli accordi che venissero raggiunti. La certezza è un punto critico più volte rilevato dall’azienda, ma in realtà è necessario per tutte le nostre relazioni industriali, se vogliono contribuire alla efficienza e alla competitività del sistema economico.



Le parti pensano di sottoporre a referendum l’accordo che venisse concluso a Mirafiori. È una scelta giusta, ma può non essere sufficiente a garantire la tenuta giuridica dell’accordo di fronte a comportamenti dissidenti. Per questo la vicenda ripropone il tema generale delle regole sulla rappresentanza e rappresentatività sindacale.

 

L’assenza di regole in proposito non ha avuto conseguenze rilevanti in passato finché i contratti sono stati conclusi unitariamente dai sindacati più rappresentativi. Quando la pratica unitaria viene meno, come sta avvenendo in questo periodo, regole condivise diventano necessarie per rendere operativi i contratti e per governare i rapporti di lavoro nelle imprese. Per questo è importante che le organizzazioni sindacali, compresa la Cgil, trovino un accordo sulle regole.

 

Una base di partenza potrebbe essere la bozza di intesa concordata nel 2008 fra le tre maggiori confederazioni. In parlamento sono presenti diversi progetti di legge sull’argomento, alcuni ispirati alla bozza del 2008; ma una legislazione in materia dovrebbe intervenire a valle di un accordo fra le parti: in tal senso si è espresso anche il governo.

 

La ricerca dell’intesa va perseguita con determinazione da tutte le parti, a cominciare dalla Fiat, e per altro verso dalla Cgil, che deve esercitare una sua influenza anche sulle posizioni intransigenti della Fiom. Il coinvolgimento dei lavoratori e dei sindacati è essenziale per ottenere risultati durevoliin momenti così difficili.

 

Lo mostra lo stesso caso Chrysler, ove un accordo è stato reso possibile perché i lavoratori sono stati chiamati a fare sacrifici, anche più duri che da noi, ma sono stati coinvolti a fondo nella gestione della crisi. Le forme del coinvolgimento da noi possono essere diverse: ma al di la delle forme il principio è lo stesso.

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