“La Fiat è la Fiat, quel che fa finisce per avere un forte valore simbolico. E dato che le relazioni industriali vivono anche di simbolismi, ritengo che le decisioni di Sergio Marchionne finiranno per trascinare altre aziende che vorranno uscire dal contratto nazionale e da Confindustria”.

Stefano Liebman, economista e docente all’università Bocconi, in un’intervista all’Espresso avanza l’ipotesi che la linea del manager della casa torinese possa dunque prendere piede anche in altre imprese.



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Ma l’analisi del Marchionne pensiero prosegue anche su un altro punto focale. “Nelle sue proposte – osserva Liebman – ce n’è una che a volte viene dimenticata: è necessario riformare il sistema di valutazione della rappresentatività dei sindacati. Lui propone una via semplice: gli operai votano e il sindacato che prende voti tratta con gli imprenditori”.



 

“È una questione cruciale – chiude Liebman – che però, va notato, il ministro Maurizio Sacconi ha detto esplicitamente di non voler affrontare, preferendo il sistema attuale con infinite sigle sindacali e con la possibilità di decidere quelle con le quali trattare”.

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