Le Agenzie per il lavoro sono imprese molto giovani. Fino alla metà del 1997, aprire un’agenzia privata per il lavoro significava andare incontro a pesanti sanzioni penali e amministrative, previste dalla legge Fanfani del 1949. Questo approccio metteva il nostro Paese in posizione di grande ritardo rispetto agli ordinamenti europei più avanzati; tanto per citare qualche esempio, in Francia le agenzie private per il lavoro avevano una lunga storia alle spalle, così come nel Regno Unito, dove era considerato normale che i privati si occupassero di collocamento.
Questa situazione fu sbloccata da un gruppo di brillanti provocatori che, assistiti dal Prof. Pietro Ichino, costituirono una cooperativa (Job Centre) il cui oggetto sociale era il collocamento di manodopera, e chiesero al Tribunale di Milano di omologare lo statuto, ben sapendo che la risposta sarebbe stata negativa. Una volta ricevuto il rifiuto dell’omologazione, la vicenda fu portata alla Corte di Giustizia Europea che, a metà dell’anno 1997, confermò quello che tutti sapevano: l’ordinamento comunitario considerava illegittimo il divieto ai privati di svolgere attività di incontro tra domanda e offerta di manodopera.
Nello stesso anno – non casualmente – si concentrarono altri tre eventi importanti. A livello internazionale, l’Oil approvò la Convenzione sulle Agenzie private, in cui finalmente fu riconosciuto il ruolo strategico che i privati possono svolgere nella crescita del mercato del lavoro. Sul piano interno, furono approvati il c.d. Decreto Montecchi, che riformava i servizi pubblici per l’impiego e sanciva formalmente quello che aveva già detto la Corte di Giustizia (e cioè che il collocamento privato è lecito) e il c.d. Pacchetto Treu, che ammetteva la fornitura di lavoro interinale. Insomma, in pochi mesi si realizzò una rivoluzione copernicana che trasformò completamente il ruolo dei privati nel mercato del lavoro.
Da quel momento è iniziato un percorso di crescita tumultuosa delle Agenzie, che ha messo in evidenza alcune caratteristiche ben precise. Il lavoro interinale (la fornitura di personale) è diventato subito protagonista del mercato; le imprese lo hanno utilizzato come strumento di primo ingresso al lavoro o come forma per coprire fabbisogni intermittenti di personale. Invece, il collocamento privato (la messa in contatto di un datore di lavoro e un lavoratore) ha stentato molto a decollare.
La riforma Biagi ha provato a far crescere ancora di più questo mercato, rimuovendo alcune delle regole che frenavano la crescita di questa seconda gamba. Dopo questo intervento, il settore ha continuato a crescere con ritmi che sembravano non conoscere sosta. La sosta invece è arrivata, in coincidenza con la crisi economica mondiale degli ultimi anni. La crisi non ha avuto solo risvolti negativi, ma ha offerto alle Agenzie per il lavoro degli importanti spunti di riflessione.
Per quanto riguarda le attività tradizionali – in particolare, la somministrazione di manodopera – il settore ha preso consapevolezza che i tassi di penetrazione nel mercato sono ancora troppo bassi rispetto alla media europea. La somministrazione di manodopera, nonostante i grandi progressi fatti anno dopo anno, fatica a trovare una grande diffusione nella piccola impresa, dove ancora la concorrenza del lavoro irregolare è forte.
Alcune imprese hanno capito che bisogna guardare a questi settori, per alzare il tasso di penetrazione. Inoltre, lo staff leasing ha fatto registrare un boom di richieste dopo la sua reintroduzione (disposta dalla Finanziaria 2010), e le Agenzie più accorte stanno già investendo su questo contratto. La crisi, inoltre, ha fatto capire che le Agenzie per il lavoro possono fare anche altre cose rispetto alla “semplice” somministrazione di manodopera.
I Centri pubblici per l’impiego faticano a erogare i servizi necessari ai disoccupati per rientrare nel mercato del lavoro: i colloqui di orientamento, la formazione, la preselezione, e così via. Questo ritardo non è casuale: il mercato del lavoro cambia con grande rapidità, e le strutture pubbliche non sono in grado di adeguare con altrettanta rapidità la strumentazione offerta alle persone in cerca di lavoro. Le professioni nascono e muoiono in pochi anni, così come cambia repentinamente il profilo della manodopera (basti pensare alla variabilità dei flussi migratori).
Chi può coprire questi bisogni in maniera rapida? Le Agenzie per il lavoro possono farlo, a condizione che investano decisamente in questo segmento di attività, e che trovino nel regolatore pubblico un alleato e non un concorrente. La Pubblica Amministrazione (prima di tutto le Regioni, che detengono le competenze più importanti in materia) devono comprendere che l’offerta dei servizi per il lavoro può crescere solo se si costruiscono delle reti di operatori che, a prescindere dalla natura pubblica o privata, sono in grado di fornire i servizi necessari ai disoccupati secondo standard di eccellenza. Ovviamente, anche le Agenzie per il lavoro devono fare qualcosa di più, investendo su competenze diverse da quelle tradizionali.
Se questo percorso produrrà risultati concreti, le Agenzie per il lavoro potranno dire conclusa la stagione della loro (brillante) adolescenza e potranno definirsi come protagonisti a tutto campo del mercato del lavoro.