Marchionne è intenzionato ad estendere l’accordo di Mirafiori a Melfi e Cassino. E a far partecipare gli operai agli utili aziendali.
A pochi giorni dal referendum sull’accordo siglato a Mirafiori, l’ad del Lingotto Sergio Marchionne fa il punto sulla situazione, in una lunga intervista concessa a Repubblica. L’imprenditore italo-canadese si ci dice convinto anzitutto, di aver agito per il bene dell’azienda e dei lavoratori, perché crede fortemente nella Fiat e nel proprio Paese: «Voglio dirle che in qualsiasi parte del mondo mi avessero sottoposto un accordo con queste condizioni io mi sarei alzato e me ne sarei andato. Tra Natale e Capodanno ho inaugurato con il presidente Lula uno stabilimento a Pernabuco nel Nordest brasiliano: bene, l’accordo è un’ira di Dio per copertura finanziaria, concessione dei terreni, condizioni fiscali, come capita anche in Serbia», spiega. Il problema, secondo Marchionne, è la strategia comunicativa sfruttata sapientemente dalla Fiom.
«La Fiom – dice Marchionne – ha costruito un capolavoro mediatico, mistificando la realtà, ma ci è riuscita. Noi, che siamo presenti in tutto il mondo, con una forza di 245 mila persone, ebbene dal punto di vista culturale siamo stati una ciofeca, la più grande ciofeca, e la colpa è soltanto mia». In particolare, la Fiom avrebbe agito secondo «obiettivi politici e non di rappresentanza di un interesse specifico, come invece accade negli Usa. Vede, io sono convinto che le nostre ragioni sono ottime. Ma non sono riuscito a farle diventare ragioni di tutti. Mi sembrava chiaro: io lavoratore posso fare di più se mi impegno di più, guadagnando di più. E invece ha preso spazio la tesi opposta, l’entitlement, e cioè il diritto semplicemente ad avere, senza condividere il rischio». In ogni caso, la partita è chiusa. Ora si deve guardare al futuro.
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E nel futuro, una delle prime mosse di Marchionne sarà quella di estendere il contratto di Mirafiori a Melfi e Cassino: «Non c’è alternativa. Non possiamo vivere in due mondi. Io spero che, visto l’accordo alla prova, non vorranno vivere nel secondo mondo nemmeno gli operai», commenta. Per i lavoratori, in ogni caso, i benefici ci saranno, eccome. Almeno, stando alle convinzioni del Ad Fiat.
A chie gli chiede: «il costo del lavoro che voi riducete con l’accordo pesa solo il 7 per cento sul costo complessivo di un’auto: lei come garantisce che sta lavorando per migliorare anche quel 93 per cento restante?», Marchionne risponde: «Quel 93 per cento che lei cita ha proprio a che fare con il costo di utilizzo di ogni impianto. Fatemelo migliorare e alzerò i salari. Possiamo arrivare al livello della Germania e della Francia. Io sono pronto». E, sempre sul modello estero, promette che, prima o poi, gli operai potranno partecipare agli utili aziendali. ««Ci arriveremo. Voglio arrivarci. Ma prima di parteciparli, gli utili dobbiamo farli».