Il 10 ottobre 2011 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo 14 settembre 2011 n. 167 recante il “Testo unico dell’apprendistato”. Il nuovo Testo Unico non stravolge l’impostazione data dal Capo I del Titolo VI del d.lgs. 276 del 2003 alla disciplina del contratto. Rimangono tre le tipologie contrattuali possibili, che mutano però i loro nomi in: apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale; apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere; apprendistato di alta formazione e ricerca. In questa sede è particolarmente interessante soffermarsi sulla prima tipologia di apprendistato, quella regolata dall’articolo 3 del decreto, recante “Apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale”.



Grazie alla nuova normativa possono essere assunti con contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, in tutti i settori di attività, i giovani che abbiano compiuto quindici anni e fino al compimento del venticinquesimo anno. La regolamentazione dei profili formativi è rimessa alle Regioni, previo accordo in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome, e sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.



Tale precetto è solo apparentemente uguale a quanto previsto in precedenza. Prima di ottobre, infatti, la regolamentazione era semplicemente rimessa alle Regioni, d’intesa con il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e con il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Per quanto fosse teoricamente possibile anche in quel caso un accordo nazionale tra le Regioni che dettasse delle linee guida comuni, nella prassi la disciplina dell’apprendistato di primo livello era rimessa a singoli accordi regionali con i due ministeri, sentite le parti sociali, come avvenuto solo nel caso di Lombardia e Veneto.



La ratio della novità del Testo Unico è evidente: prevedere una sola, seppur politicamente complessa, intesa nazionale per rendere uniforme e operativo su tutto il territorio il contratto di primo livello. Per valutare la logica di questa decisione del Legislatore, si consideri che dal 2003 a oggi sono stati sottoscritti solo due accordi regionali per l’apprendistato ex articolo 48. Si tratta delle intese di Lombardia e Veneto, concluse nel 2010 e nel 2011.

Attenzione però:nella storia delle politiche pubbliche non sono pochi i casi di ricercata uniformità verso il basso. In altri termini, per correggere le situazioni più arretrate, si rallenta la corsa delle realtà più dinamiche. È ora assolutamente importante evitare che il nuovo Testo Unico, indirettamente, congeli le possibilità di attivazione di percorsi in apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione permessi in particolare dall’intesa lombarda.

La Regione Lombardia, che ha sottoscritto l’intesa coi Ministeri il 28 settembre 2010, in data 2 maggio 2011 ha emanato il decreto del dirigente di unità operativa (d.d.u.o.) n. 3608 recante “Avviso pubblico per la realizzazione di un’offerta formativa finalizzata all’acquisizione di una qualifica di istruzione e formazione professionale rivolta ad apprendisti assunti ai sensi dell’art. 48 del d.lgs. 276/03”, per il quale ha stanziato un milione di euro per la copertura della prima annualità del triennio 2011-2014. Si tratta della prima e unica operazione strutturata e non limitatamente sperimentale messa in atto da una pubblica amministrazione per favorire la stipulazione di contratti di apprendistato di primo livello. Si ricordi che in Italia il numero censito di questi contratti è pari a zero, se si eccettuano sporadiche sperimentazioni rivolte a non più di un centinaio di ragazzi e non considerando la provincia di Bolzano.

Nonostante la novità dello strumento, diverse realtà della formazione professionale hanno partecipato al bando lombardo, aggregando quindi delle classi di studenti ai quali dedicare un percorso professionale in apprendistato, con contestuale coinvolgimento di diversi imprenditori, sia piccoli che medi. Giovani, docenti e imprese sono quindi pronti, in attesa del finanziamento regionale. Ora interviene nuovo Testo Unico che, effettivamente, rischia di scoraggiare questa iniziativa. Non è peregrino pensare che i tecnici lombardi siano preoccupati: aspettare la nuova regolamentazione che approverà la Conferenza Stato-Regioni o iniziare la sperimentazione, rischiando un cambio di regole in corsa?

È infatti presumibile che in sede unificata non si riesca a chiudere un accordo così moderno come quello lombardo. Più che per quanto concerne le ore di formazione (400), per l’importo della retribuzione dell’apprendista (pari ai trattamenti economici e normativi previsti dalla contrattazione collettiva in materia di apprendistato professionalizzante proporzionalmente al monte ore di impegno formativo – c.d. parametrizzazione). Sono fattori discriminanti per scuole e imprese. Non fermarsi, quindi. Al contrario, è necessario che la Conferenza Stato-Regioni possa convocarsi avendo come supporto alla costruzione della disciplina il successo (o l’insuccesso) di esperienze concrete ed in atto.

Qualora le prime classi di formazione professionale in apprendistato finanziate da regione Lombardia testimoniassero la capacità di questa particolare tipologia di percorso formativo di intercettare dispersi e favorire l’occupabilità dei “giovanissimi”, sarebbe allora difficile anche per le regioni politicamente più avverse all’apprendistato (o meglio, all’affermazione della valenza educativa e formativa del lavoro) ignorare questo dato.