L’attuale scenario economico richiede a tutte le Aziende, siano esse di piccole, medie o grandi dimensioni, di ripensare i propri modelli organizzativi, al fine di ricercare aree di efficienza necessarie a mantenere, e possibilmente incrementare, il livello di competitività sui mercati.

Espressioni come “ricerca dell’efficienza”, “flessibilità”, “snellimento dei processi”, rappresentano alcune delle possibili linee guida da seguire, spesso nei fatti sviluppate in modo reattivo, poco sistemico e secondo un orientamento di breve termine volto prevalentemente a tagliare i costi.



Tale approccio genera nel concreto pochi effetti consistenti e duraturi e tende a mantenere quanto più possibile lo status quo, per resistenza al cambiamento, abitudine, o semplicemente per la convinzione che “si è sempre fatto così”.

L’Azienda si sclerotizza così sull’impiego di modi di fare consolidati e familiari, piuttosto che indirizzarsi verso la sperimentazione di nuove soluzioni, che agiscano sulla capacità di apprendimento sia dei singoli, sia delle organizzazioni.



Quello che le Aziende trovano difficile “fare” in questi momenti, è cogliere l’opportunità di affrontare i problemi in modo sistemico, ricercando la competitività non per reazione ad un contesto difficile, ma per consapevolezza strategica.

Una risposta a questo contesto può essere sviluppata su un modello di riprogettazione organizzativa, che focalizzi la propria azione sui concetti di micro-miglioramento diffuso e di analisi del valore. Una risposta che “faccia muovere l’azienda” senza però correre il rischio di tagliare indistintamente anche risorse e competenze fondamentali.



In concreto si tratta di attivare una serie di diffuse azioni di miglioramento all’interno dell’organizzazione, dal peso unitario marginale, e quindi “facili da realizzare”, ma dal risultato complessivo significativo (“fai poche cose, quelle utili, ma falle”).

Interventi di questo tipo vanno gestiti attraverso gruppi di lavoro che responsabilizzino le risorse interne, incentrando l’analisi su ciò che realmente si fa, ovvero le attività, e sulla loro effettiva capacità di generare valore all’interno dei processi chiave. Attraverso una visione di sistema dell’Azienda ed un approccio progettuale, pragmatico e poco invasivo, sarà quindi possibile identificare aree di efficientamento e proporre soluzioni concrete e rapidamente attuabili, avviando un percorso sostenibile anche in fasi difficili della vita aziendale.

L’obiettivo è quindi quello di individuare gli sprechi mediante l’analisi dei processi, eliminando le attività inutili e a basso valore aggiunto, o modificando il modo in cui queste vengono gestite.

Affrontare la riprogettazione organizzativa secondo tale approccio ha un’ulteriore importante ricaduta di medio periodo: la creazione, attraverso il coinvolgimento diretto delle persone, di una cultura diffusa del miglioramento, della partecipazione e dell’esempio, che accompagnerà l’Azienda anche nel futuro diventandone parte integrante. Il tutto formando le risorse interne, valorizzandone i contributi e minimizzando le resistenze al cambiamento.

Anche sul piano della consulenza, la riprogettazione organizzativa va dunque ripensata secondo una metodologia più coinvolgente ed abilitante, finalizzata a generare, attraverso sforzi mirati, un vantaggio competitivo stabile e sostenibile e a garantire la creazione di valore per tutti gli stakeholder, dipendenti inclusi.

La base del ragionamento è molto semplice ed immediata: vi è sempre un modo migliore per svolgere una determinata attività, o quantomeno esiste sempre la possibilità di trovare una nuova soluzione ad un vecchio problema che permetta di liberare risorse per focalizzarle sulla gestione delle azioni che davvero generano valore.

Conclusione banale, ma nella realtà delle organizzazioni non sempre realmente compresa, poiché sul piano della cultura organizzativa anche piccoli cambiamenti risultano difficile da accettare, a maggior ragione se imposti e non co-costruiti.

 

(Stefano Porta)

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