Guardando negli occhi i nostri figli, e più in generale i giovani di oggi, non sempre abbiamo il coraggio di ammettere che ci siamo indebitati del loro futuro. Ci vuole una forte auto-coscienza non solo per ammettere questo, ma anche per osservare una cosa che ci ripetiamo spesso: oggi la prima cosa che i nostri giovani devono maturare è la consapevolezza che, per garantirsi un futuro, servono competenze pregiate, capaci di creare innovazione, in un sempre più dinamico gioco di squadra tra specializzazioni e ricerca continua. La scuola e l’università sono oggi in grado di garantire tutto questo? Ma, prima ancora, possono essere valutate a partire da questi obiettivi, o, nel fare questi riferimenti, servono altre agenzie formative?
La scuola soprattutto, prima dell’università, è chiamata a offrire gli strumenti, i contenuti, i metodi. Cose essenziali, direi necessarie, ma non sufficienti, ai fini anzitutto motivazionali, e poi concreti, situazionali. Pensiamo qui alla grande difficoltà, nelle scuole, di ripensarsi mettendo al centro l’alternanza scuola-lavoro, troppe volte confusa e mascherata in poche ore di stage. A essere sincero, non sono molte le occasioni di chiara riflessione e confronto su questi aspetti. Un plauso va, in questi termini, riservato a Claudio Gentili e al suo gruppo di coordinamento per la nuova edizione del Job Orienta che si tiene a Verona da oggi fino a sabato 26 novembre. È un’ulteriore, qualificata occasione per ribadire, con questa 21a edizione, la centralità dell’orientamento in itinere come vera e prima finalità della scuola e dell’alta formazione, altro modo per riprendere la convinzione che noi siamo chiamati, verso i nostri figli, a un’unica responsabilità: aiutarli a trovare la loro strada nella vita, con reali opportunità occupazionali. Perché, lo sappiamo bene, non basta avere un diploma o una laurea in mano, se alcune competenze non sono richieste, o sono in esubero, o sono obsolete.
Aiutare i giovani oggi vuol dire orientarli nel ginepraio di idee, proposte, opzioni. Claudio Gentili, responsabile nazionale del settore Education di Confindustria, ha bene sintetizzato questa responsabilità verso i nostri giovani con una “Lettera aperta”, un modo per dire a chiare lettere da un lato il diritto-dovere di noi adulti verso i nostri ragazzi, e dall’altro che questa responsabilità va condivisa, ai fini del sano protagonismo giovanile. La tre giorni seguirà il filo conduttore della “cultura dei mestieri”, altro modo per dire della fine della separazione tra cultura e impresa, tra formazione e lavoro.
Per rendere concreto questo filo rosso quest’anno è stata prevista la “Piazza JOB&Orienta”, con protagoniste le stesse aziende assieme all’università e all’alta formazione, cioè gli Its, corsi biennali post-diploma di alta professionalizzazione, perché prevedono la metà del tempo-scuola all’interno delle aziende. Finalmente un passo in avanti del nostro sistema formativo, ancora troppo chiuso alle reali esigenze dei giovani di oggi ai fini occupazionali. La Piazza prevede percorsi, simulazioni e strumenti finalizzati al concreto orientamento nel mondo del lavoro, con un apposito Infopoint per tutte le informazioni e le richieste di chiarimenti sui dati occupazionali.
Ad arricchire l’offerta del Job vi sono poi due aree tematiche: la prima dedicata alle sezioni JOBScuola, JOBItinere, ExpoLingue, JOBEducational e MultimediaJOB, la seconda con le sezioni dedicate all’Università, alle Arti, mestieri e professioni, con il TopJOB. Una finestra, infine, è stata dedicata a JOBInternational, cioè ai percorsi formativi e occupazionali all’estero.
L’importanza di questi appuntamenti è evidente. Prendiamo, per offrire uno scorcio sulle difficoltà del momento, questi dati, di recenti confermati anche dalla Banca d’Italia. Quasi un terzo dei giovani è disoccupato, ma, ancor peggio, solo 1 giovane su 5 lavora. In Germania sono 1 su 2, in Francia 1 su 3, persino in Spagna, che ha pur sempre il record europeo di disoccupazione, siamo a 1 su 4. Senza dimenticare poi 2,2 milioni di persone del tutto inattive, cioè coloro che non studiano, né lavorano, né sono in formazione. Sono stati definiti Neet. Altri 2 milioni e 764.000 italiani, più della metà sono donne, sono scoraggiati e non cercano più un posto, vivendo alla giornata. E poi ci sono di sotto-occupati, od occupati ma con lavori saltuari.
In conclusione. È impensabile un futuro positivo per il nostro Paese, nel contesto europeo e globale, con un così alto tasso di disoccupati e di non-occupati. Senza contare le disparità sempre più grandi tra gli stessi occupati. Il che vuol dire: la formazione e il lavoro devono ritornare ad essere la nostra priorità, la stella polare anzitutto a livello politico-sociale. Si tratta di una priorità che va data anzitutto a noi stessi, ben prima dei mercati finanziari e della stessa casa comune europea. Le proposte del Job Orienta vanno in questa direzione: lo scorso anno hanno coinvolto quasi 50.000 visitatori, con 450 realtà in rassegna, 150 momenti di dibattito e riflessione, 350 relatori.