I pensionati prossimi venturi, cui mancano una manciata d’anni per godersi l’assegno previdenziale, sono assillati da inquietanti interrogativi. Hanno passato, in certi casi, una vita lavorare e non sanno se questo sarà sufficiente. In questi giorni Caf e patronati stanno venendo presi d’assalto da chi cerca una risposta alle proprie domande. «”Quando andrò in pensione?”, “Tra poco maturerò 40 anni di contributi, dovrò attenderne molti altri?”, “tutti gli anni calcolati con il sistema retributivo saranno conteggiati con il contributivo?”, sono alcune delle domande che, sempre più spesso, vengono rivolte al personale dei nostri uffici», spiega, interpellata da ilSussidiario.net Angela Presciani, responsabile dell’Inas (Istituto Nazionale di Assistenza Sociale)-Cisl. La gente è spaventata dall’incertezza provocata dai rumors sulla riforma delle pensioni che il governo Monti si accinge a varare.
«Chi sta per andare in pensione è preoccupato per lo spostamento in là nel tempo, già previsto dalla manovra finanziaria di questa estate, secondo la quale l’età massima si sarebbe raggiunta nel 2026. Oggi, le richieste dell’Europa stanno mettendo in agitazione le gente». Ecco cosa accade: «Vengono da noi lavoratori in apprensione perché, magari, hanno lavorato una vita, stanno per raggiungere 40 anni di contributi, oppure “quota 96” (se si tratta di lavoratori autonomi, 97), e vogliono sapere se avranno ancora diritto alla pensione con i criteri adottati sino a oggi; o se dovranno attendere i 65 o, addirittura, i 67 anni». Altro elemento di forte preoccupazione è la riforma del sistema di calcolo dell’assegno. Secondo le ipotesi che vanno per la maggiore, sarà applicato, a tutti, il sistema contributivo. Ma le notizie, spesso, giungono frastagliate, e molti sono in allarme. «In particolare, chi al 31 dicembre ’95 aveva maturato 18 anni di contributi e permane, ad oggi, in regime retributivo, ci chiede se anche gli anni pregressi gli saranno calcolati con il sistema contributivo». Ovviamente, non è così, perché il contributivo, attraverso il “pro rata”, si applicherà esclusivamente agli anni da qui a venire. «Temono, tuttavia, in un potere retroattivo della futura norma». In certi casi, si arriva al paradosso.
«Ci sono, inoltre, persone che avevano già maturato i requisiti e che avevano deciso di non andare in pensione perché potevano serenamente continuare a lavorare, e che adesso hanno il timore di dover essere costrette a farlo; o di avere una pensione più bassa, magari, del collega che è andato in pensione prima di loro, ma con i criteri più vantaggiosi». In questi giorni, gli operatori di caf e patronati hanno un bel da fare. «Le utenze, presso i nostri uffici e sportelli, sono raddoppiate». Impiegati e consulenti fanno il possibile per dare tutte le rassicurazioni necessarie. «Tentiamo di tranquillizzare tutti, soprattutto rispetto al “pro rata”. Tuttavia, non essendoci ancora nulla di ufficiale, non sempre è possibile dare risposte precise».