La riforma delle pensioni, attraverso il sistema contributivo pro-rata, sarà uno dei primi passi che compirà il governo Monti sulla via degli impegni presi con l’Europa. Tuttavia, dato che ancora un provvedimento vero e proprio non è stato preso, gli italiani in questi giorni stanno prendendo d’assalto i centri di assistenza fiscali per capire cosa cambierà nella loro pensione. Per cercare di capire meglio a cosa andiamo incontro, abbiamo intervistato Alberto Brambilla, che è stato Sottosegretario al Welfare con delega alla previdenza sociale dal 2001 al 2005, e che quindi conosce molto bene il tema delle pensioni.
Che cosa pensa dell’intenzione del neoministro Elsa Fornero di modificare il sistema previdenziale e di farlo sfociare in un sistemacontributivo per tutti?
Non posso che giudicarla positivamente. Avremmo già dovuto fare questo passaggio quindici anni fa, con Treu e con Dini. Quello era l’obiettivo. Ci fermammo di fronte all’opposizione di una parte consistente del sindacato e anche di Confindustria. Di fronte a un tipo di situazione economica anche allora complicata abbiamo scelto delle soluzione intermedie.
Che cosa cambia rispetto al metodo retributivo?
Il sistema contributivo si basa su tutti i contributi che una persona ha versato nella vita lavorativa e alla fine, in base a un coefficiente, riceve la sua pensione. Il sistema retributivo si calcola sugli ultimi dieci anni di lavoro. Passare al sistema contributivo significa dare un “segnale forte” di equità. Ma di fatto, dopo gli anni che sono passati dalla riforme del ‘96 cambia poco per quanto riguarda i conti.
Quando si potranno avere i reali effetti? Quali potranno esserei risparmi per le casse pubbliche?
I risparmi per le casse pubbliche non sono molti, anzi sono pochi. Ma il punto è il segnale forte di equità che si dà soprattutto tra le generazioni. Questo è il vero fatto importante del passaggio al sistema contributivo: un messaggio forte di equità ai giovani.
Ci saranno degli effetti negativi?
Assolutamente no. Gli effetti sono e saranno positivi.
Ci può spiegare cosa si intende per sistema contributivo pro-rata?
Significa che coloro per cui ancora oggi vige il sistema retributivo, al momento di andare in pensione avranno una parte di questa calcolata con il metodo retributivo (fino al 31 dicembre 2011) e la parte rimanente attraverso il sistema contributivo, che quindi non avrà effetto retroattivo.
Pensa sia il caso di intervenire anche sulle pensioni di anzianità?
Qui bisogna fare attenzione, perché non conviene fare scelte secche, definitive e immediate. Personalmente ritengo che si possano trovare delle strade flessibili. Possiamo, in un tempo ragionevole, portare la media di uscita dal lavoro sui 63-64 anni, mantenendo la quota dei 40 anni di contributi come base per il diritto alla pensione. Ci saranno nel frattempo casi in cui una persona anticiperà o posticiperà di qualche anno, ma andare a regime rispettando la media europea non dovrebbe essere un grande problema.
Secondo lei, è necessaria una riforma strutturale del sistema pensionistico o è sufficiente agire in modo molto netto sulla gestione?
La riforma strutturale in Italia è stata fatta. Prima da Amato nel 1992, poi da Dini nel 1994. L’ultimo intervento è stato compiuto tra il 2006 e il 2010. Oggi, se vogliamo essere precisi, non abbiamo neppure un problema di gestione, ma di manutenzione. Ci sono diversi problemi da sistemare, come alcune pensioni di reversibilità che a volte sembrano anacronistiche. Ci sono casi in cui una donna vedova, giovanissima, prende il 60% della pensione per un numero di anni imprecisabile, data la crescente aspettativa di vita. Naturalmente anche in questo bisogna vedere caso per caso. Non si possono fare generalizzazioni.
Nel futuro sarà sempre più importante il ruolo della previdenza complementare. Come giudica i risultati finora ottenuti per incentivarla e promuoverla?
Non dovrei dirlo io, dato che ne sono stato l’estensore, ma credo che la legge sulla previdenza fiscale sia tra le migliori, specie dal punto di vista fiscale. Ora, però, se non verrà fatta attuata la delega in materia assistenziale e fiscale, si rischia un taglio delle agevolazioni anche per le pensioni integrative.
(Gianluigi Da Rold)