La vicenda iniziata con il referendum di Pomigliano d’Arco e passata attraverso l’uscita della Fiat da Confindustria è giunta, al fine, a un epilogo: 86.200 lavoratori del gruppo hanno, da ieri, un nuovo contratto di lavoro. Contestualmente, l’azienda ha confermato gli investimenti relativi al piano industriale e l’impegno a rimanere sul territorio nazionale. Un’intesa che, secondo l’amministratore delegato Sergio Marchionne, segna una svolta storica; e che è stata siglata da Fim, Uilm, Fismic, Ugl e Associazione Capi e Quadri Fiat. Tutti, in sostanza, meno la Fiom. Abbiamo chiesto a Bruno Vitali, che ha partecipato alle trattative che hanno portato all’accordo, in qualità di Segretario nazionale della Fim-Cisl, di illustraci le ragioni del sì all’intesa.
Cosa prevede il nuovo contratto?
Tutte le buste paga aumentano del 5% (che equivale a più di quanto previsto dal contratto nazionale); è stato introdotto un premio straordinario di produzione da 600 euro, anche per i cassa-integrati; è stato aggiunto uno scatto di anzianità: da 5 si è passati a 6; è stata alzata la previdenza integrativa: il contributo dall’1,2% della paga base è passato all’1,7%; a Fiat, inoltre, viene applicato lo standard internazionale Wcm, che prevede tre gradi di qualità: bronze, silver e gold. Ai lavoratori degli stabilimenti premiati con gli ultimi due livelli saranno attribuiti in busta paga rispettivamente 200 e 500 euro in più; sono previsti, infine, dei premi (che saranno oggetto di sorveglianza da parte del sindacato) per quegli operai capaci di suggerimenti in grado di migliorare le modalità di lavoro.
Chi stabilisce quali consigli siano da premiare e quali no?
È stata predisposta una commissione congiunta che entro alcuni mesi dovrà varare una griglia per determinare premi e bontà dei suggerimenti. Va sottolineato che, prima, iniziative di questo genere derivavano da libere scelte dell’azienda, che agiva discrezionalmente. Adesso, tale meccanismo premiale viene, invece, ufficializzato e ricondotto a criteri oggettivi. Così come il rapporto tra i sindacati e l’amministratore delegato.
Cioè?
Abbiamo stabilito e sancito per iscritto che l’ad, due volte l’anno, in concomitanza con la presentazione del bilancio semestrale, incontrerà i sindacati per fare con loro il punto della situazione. A oggi, l’incontro avveniva a seconda della disponibilità di Marchionne.
Si era parlato anche di partecipazione agli utili…
Una misura che, per il momento, non siamo riusciti a “incassare”. Un gruppo di lavoro, tuttavia, affronterà la questione. Ci sono ipotesi ancora in fase embrionale, sulla falsariga del modello tedesco.
Cos’è cambiato sul fronte degli straordinari?
Ci sono più ore a disposizione dell’azienda. Il contratto nazionale ne prevede 40, questo 120. 80 ore aggiuntive, quindi. Ma vengono pagate il 60% in più del normale (prima era il 50% in più). Inoltre, sarebbero inglobate nel turno notturno. In sostanza, si traducono in circa 12 sabati lavorativi. Va detto, infine, che se queste ore fossero effettivamente utilizzare sarebbe un fatto positivo. Significherebbe che c’è tanto lavoro, e che l’azienda sta andando bene.
La Fiom, da questo punto di vista, denuncia la vaghezza del piano industriale
Occorre mettere le cose in chiaro. Il piano industriale c’è. E’ stato presentato il 21 aprile del 2010. Sono 100 pagine in inglese. Chiunque le può trovare sul sito della Fiat. C’è scritto tutto. Salvo dove verranno realizzati i modelli annunciati. Il nostro unico problema è farli realizzare in Italia.
Non è un dettaglio da poco
Un’azienda che vuole andarsene dall’Italia non investe come sta facendo la Fiat e non esce da un contratto per siglarne un altro. Chiude gli stabilimenti e, semplicemente, se ne va.
Resta il problema della produzione dei nuovi modelli
Noi, oggi, abbiamo sottolineato che, siglato il contratto, bisogna implementare, per il 2012, la produzione. Siamo convinti che Fiat perderà quote di mercato perché non ha nuovi modelli. L’anticipazione della loro realizzazione sarà il vero terreno di scontro con Marchionne. Ma noi abbiamo tutti i titoli per affrontarlo. Perché ci siamo resi disponibili a creare la condizioni di flessibilità necessarie per un maggiore utilizzo degli impianti.
Tra tutti i sindacati che hanno firmato l’accordo, ci sono state posizioni diversificate?
No, è stato sottoscritto con una posizione unanime.
Ci risulta che, sul tema dell’assenteismo, ci siano state frizioni
Sì, ma le abbiamo ricomposte. Anzitutto, va ricordato che a chi è affetto da particolari patologie che costringono spesso a casa, sarà corrisposto l’80% della retribuzione, mentre con il vecchio contratto si parla del 50%. Sul fronte dell’assenteismo è stato deciso che quando un lavoratore, per tre volte di fila, è assente in un giorno successivo alla domenica o a un giorno di riposo, viene messo sotto osservazione. Se continua a persistere una situazione ritenuta sospetta, un’apposita commissione valuta se, effettivamente, non si siano determinati degli illeciti. Laddove vi fosse un tale riscontro, al lavoratore non sarà pagato il primo giorno di malattia. Mi sembra che siano state mantenute tutte le garanzie necessarie.
Cosa comporterà il fatto che la Fiom ha deciso di sfilarsi dall’accordo?
Anzitutto, dispiace: perché poteva sporcarsi la mani, fare contrattazione assieme a noi e, magari, si sarebbe riusciti a strappare qualcosa in più. Invece, ha voluto tirarsi fuori e continuare nella sua battaglia propagandistica. Che, a questo punto, si è rivelata sterile; dal sapore politico, più che contrattuale. In Italia si sono delineati due modelli sindacali: uno partecipativo-contrattualista e uno conflittuale-antagonista. La Fiom si è posta a capofila di quest’ultimo modello.